domenica 31 gennaio 2021

La Signora si fa il lifting con gli under 23 "figli" di babbo Buffon

Mentre il portierone compie 43 anni, Pirlo esalta i giovani. Contro la Spal erano dieci



Matteo Renzi e il fallimento della sua politica estera


Di Paola Caridi - POST ORIGINALE

È stato sempre un problema, per la Firenze di oggi, il rapporto con la sua storia. E che storia, letteraria e culturale e di pensiero! Uno di quei pesi che ti schiacciano, se non li sai usare nella maniera giusta. Uno di quei pesi che hanno reso, per molti aspetti, Firenze una città più provinciale di quanto si pensi, incapace di liberarsi – appunto – degli antichi fasti. Compreso il Rinascimento. Compreso Machiavelli.

C’è chi, invece, pensa che si possa ancora cavalcare la pesantissima eredità fiorentina, sicuro che il suo stereotipo possa ancora aprire una breccia in un parterre internazionale. E d’altro canto, come fargliene una colpa, a Matteo Renzi? Firenze ospita fior di università americane ed è la sede della più prestigiosa istituzione europea di studio e ricerca, l’Istituto Universitario Europeo di Fiesole. C’è la tradizione dei cosiddetti anglobeceri, della comunità intellettuale non solo anglofona che ha scelto Firenze come sua nuova patria culturale e spirituale. E anche chi scrive a Firenze deve molto di quello che sa, per i quasi cinque anni trascorsi a formarsi e vivere in un museo a cielo aperto, per un dottorato in storia delle relazioni internazionali.

Parto dunque proprio da Firenze. E parto da un altro sindaco che aveva una visione internazionale, una visione decisamente antitetica a quella di Matteo Renzi. Parto da Giorgio La Pira, l’uomo della pace. Non perché tutti si debba essere santi, idealisti e visionari. Ma perché, come La Pira, si cammini. Non è un esercizio poi così difficile. Si mette un piede appresso all’altro e si cammina, si percorrono le strade, si incontrano le persone, si guardano i luoghi, si impara molto della terra e della dignità degli altri.

Giorgio La Pira, come Matteo Renzi, andava oltre i confini della città di Firenze. Andava nella Mosca sovietica assieme a Vittorio Citterich, Vittorino, come lo chiamava lui. Erano i tempi in cui le chiese erano sostanzialmente chiuse e vigeva l’ateismo di Stato, e quando – durante la visita in una chiesa ortodossa di Mosca – Vittorio Citterich si lamentò col suo mentore che a pregare c’era solo una vecchina, La Pira lo rimproverò perché proprio quella vecchina dimostrava che c’era una chiesa viva (lo raccontò proprio Citterich negli ultimi anni di vita, con il suo solito sorriso sornione).

Quando invece andava al Cairo –  perché La Pira andava anche al Cairo, a Gerusalemme, ad Algeri, spesso accompagnato proprio da Citterich -, il sindaco di Firenze si recava a Shubra, alla scuola dei salesiani, quella che ancora oggi forma i ragazzi egiziani a diventare meccanici, falegnami, tecnici. Incontrava, insomma, la gente, le persone. Non visitava solo i palazzi del potere, ma per aiutare la pace e la comprensione degli equilibri mediterranei, incontrava la realtà e di questo si faceva forte per i suoi colloqui di pace che poi, questi sì!, resero famosa e molto meno provinciale Firenze, tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Anni, è bene ricordarlo, in cui il peso specifico della nostra politica estera ed energetica era di altro tipo e spessore. C’era La Pira. C’era Enrico Mattei, l’ex partigiano cattolico Enrico Mattei che, con l’Eni, stravolgeva gli equilibri petroliferi delle Sette Sorelle e si poneva come nuovo interlocutore con i regimi che stavano uscendo dal giogo coloniale. Un interlocutore che, per esempio in Algeria, in Libia, sino in Iran, offriva dividendi maggiori  e decisamente più dignitosi ai governi che stavano aprendo una nuova stagione nazionale e di decolonizzazione.

Si sa come andò a finire, per Enrico Mattei. E neanche il sogno del Mediterraneo come un nuovo lago di Tiberiade, immaginato da Giorgio La Pira, ha poi visto la luce. Forse per questo Matteo Renzi ha scelto una strategia opposta? Forse per questo, durante tutta la sua carriera politica e di governo, Renzi ha pensato di poter mettere nel cassetto la questione dei diritti e di mediazioni equilibrate di pace? Perché tanto con gli ideali non si fa politica e neanche affari economici, e quindi meglio schiacciarsi sulla solita Realpolitik? D’altro canto, viene considerato un sempreverde con cui non si sbaglia mai. I soldi arrivano, gli affari pure, e il Cairo e Ryadh valgono bene un funerale celebrato sui diritti umani.

Il problema è che, a ben guardare, per ciò che Renzi ha fatto da presidente del consiglio dei ministri e ora da senatore della Repubblica, il guadagno per l’Italia non è stato un granché. Siamo stati, se proprio ci è andata di lusso, semplici esecutori senza una strategia di spessore, a scapito – peraltro – della nostra immagine costruita in decenni di vecchia politica dell’equidistanza.

Gli esempi sono sempre lì, nel Mediterraneo, proprio il Mediterraneo che La Pira conosceva così bene.

AL SISI, L’INELUDIBILE ALLEATO DI RENZI

Partiamo dall’Egitto, visto che siamo alla vigilia di un triste anniversario, il ritrovamento – il 3 febbraio del 2016 – del corpo di Giulio Regeni sull’autostrada alla periferia del Cairo. Allora Renzi era presidente del consiglio dei ministri. Guidava un governo che con il regime di Abdel Fattah al-Sisi andava d’amore e d’accordo, sin dalla prima ora. Perché Renzi non si schierò semplicemente con la politica dell’Unione Europea, che si digerì senza battere quasi ciglio il golpe militare dell’allora generale al-Sisi nel luglio del 2013. La stessa Unione Europea che poco o nulla disse sul massacro brutale di quasi mille persone nel giro  di due giorni nella periferia bene del Cairo, a Rabia al Adawiyya, a opera delle forze militari egiziane comandate proprio da al-Sisi. Le vittime: i militanti della Fratellanza musulmana (ma non solo loro) che protestavano per la rimozione e dalla carica di presidente e il conseguente arresto di Mohammed Morsi, primo capo di Stato democraticamente eletto in Egitto. Eppure, né Bruxelles né Roma potevano affermare di non sapere: le immagini di quel massacro, a onta dell’Unione Europea e di tutta la comunità occidentale, sono state mostrate su tutte le tv e i quotidiani del mondo, grazie alla testimonianza di giornalisti e giornaliste che ancora oggi reggono il peso di un vero e proprio trauma.

Nonostante tutto quel sangue sparso al Cairo nell’estate 2013, Matteo Renzi è  il primo capo di governo a livello internazionale, e il primo europeo, a volare al Cairo all’inizio di agosto 2014. Ad appena un mese e mezzo da quelle elezioni presidenziali vinte da al-Sisi con quelle che un tempo si sarebbero definite ‘percentuali bulgare’.  Nella peggiore tradizione elettorale egiziana degli scorsi decenni, prima della rivoluzione di Tahrir.

“La mia presenza qui è di chi riconosce alla leadership egiziana un ruolo cruciale per la stabilità dell’area e il futuro delle nuove generazioni”, dice Renzi. Chissà a quale generazione si riferiva, visto che un numero impressionante di ragazzi e ragazze, la nuova generazione egiziana, quella della rivoluzione di Tahrir, erano già stati arrestati, torturati, ammazzati durante quell’anno, oppure erano scomparsi in una nuova versione mediorientale del fenomeno dei desaparecidos (ancora continua, anche oggi, quella pratica). E anche questo lo si sapeva bene, in Italia e in Europa. Alaa Abdel Fattah, forse la figura più nota della rivoluzione, era stato arrestato nel novembre del 2013 per manifestazione non autorizzata e aveva sfiorato per un pelo l’assegnazione del Premio Sakharov da parte del Parlamento europeo.

Tutto risaputo, tutto conosciuto. Tutto documentato. Tutto denunciato dalle massime organizzazioni internazionali per i diritti umani. Tutto denunciato, con ancor più coraggio, dalle associazioni egiziane per la difesa dei diritti elementari delle persone.

Ma come rinunciare a quello che significa l’Egitto? Il Cairo è perno della stabilità regionale, l’Egitto  copre il fianco sud di Israele, è mediatore insostituibile nelle faccende di Gaza, e poi l’ENI ha da poco ottenuto la concessione per esplorare un pezzo di mare che, di lì a pochi mesi, avrebbe condotto alla scoperta del più grande giacimento di gas naturale di tutto il Mediterraneo.

La politica estera è un esercizio difficile anche perché gli interessi nazionali si devono bilanciare con i nostri valori e con il nostro ruolo, pena il rischio di sminuire proprio il nostro peso. E così è stato. Siamo stati proni, inutilmente proni verso un capo di Stato che aveva già mostrato il suo lato autoritario. Non c’era bisogno che Renzi fosse così prono verso al-Sisi, che fosse il primo a volare al Cairo e il primo leader del Vecchio Continente a ricevere al-Sisi su terra europea, nel novembre 2014. Non c’era bisogno che usasse nei suoi confronti in modo reiterato aggettivi altisonanti, come se al-Sisi fosse il campione della stabilità dell’area. Purtroppo Renzi è stato anche in buona compagnia, se persino  Romano Prodi era stato colpito da al-Sisi nella versione “riformatore dell’islam” in un famoso editoriale sul Messaggero all’inizio del gennaio del 2015.

Dal sostegno senza dubbio alcuno ad al-Sisi non ci abbiamo guadagnato nulla. L’Eni non aveva e non ha bisogno del nostro appoggio per il suo ruolo in Egitto. Sulla Libia, leggere nuovamente quello che diceva Renzi allora ad al-Sisi vuol dire comprendere quanto tempo abbiamo perso in una mediazione per la quale avevamo scelto il cavallo sbagliato.

Dal Sole 24Ore del 13 marzo 2015: «Apprezziamo la leadership di Al Sisi. Questo vale anche per la crisi libica e siriana» ha detto Renzi. E al presidente egiziano ha detto: «Sosteniamo la sua visione, la sua lotta alla corruzione e il suo lavoro per la stabilità. L’Egitto può andare avanti in un processo di consolidamento istituzionale. La stabilità dell’Egitto è la nostra stabilità, non soltanto per questa area del mondo. Rinnovo l’impegno dell’Italia a lavorare con Lei per portare avanti una soluzione alla crisi siriana e alla crisi libica».

Risultato, a quasi sei anni di distanza. Nulla. Al-Sisi ha sempre utilizzato la Libia per acquisire un ruolo sempre più forte nell’area e verso gli alleati occidentali. Ha impiegato anche la sua forza militare per sostenere il leader ribelle della Cirenaica, Khalifa Haftar. E Haftar è stato il più grande ostacolo contro l’ipotesi di una composizione dello scontro interno libico – sponsorizzata dall’Onu e per un certo periodo mediata dall’Italia – concentrata sull’appoggio al governo di Tripoli.

Libia, Siria, accordi economici e di sicurezza a parte, il capitolo ‘diritti umani’ non è un riempitivo, in questa storia, né una fissazione da anime belle. Fa parte della contrattazione diplomatica, per così dire. Si contratta, si preme, si usa la propria autorevolezza per negoziare non solo alleanze strategiche su nodi rilevanti come i conflitti dell’area, ma anche per chiedere in cambio che si rispettino le convenzioni internazionali. Quelle che ha firmato l’Egitto e che ha firmato, se qualcuno se lo fosse dimenticato, l’Italia.

E per avere un peso di questo tipo, in negoziati così difficili, la storia recente e la cronaca dei Paesi con cui si ha a che fare bisogna conoscerla. Quella dell’Egitto. E quella dell’Arabia Saudita.

MBS, O DELLA NUOVA GENERAZIONE AL POTERE

“Non è mica solo una questione di ricambio generazionale. Se vogliamo sbarazzarci di nonno Silvio, io così lo chiamo e non caimano, dobbiamo liberarci di un’intera generazione di dirigenti del mio partito. Non faccio distinzioni tra D’Alema, Veltroni, Bersani… Basta. E’ il momento della rottamazione. Senza incentivi”.

E’ il 2010. Renzi lancia la campagna per la quale è divenuto famoso: la campagna per la rottamazione. Nel 2010 ha la stessa età che oggi ha Mohammed bin Salman, il principe ereditario saudita divenuto anche lui famoso come il rottamatore di un certo potere nel regno degli Ibn Saud. È rimasto nella storia del Paese uno dei suoi atti più eclatanti: la reclusione dorata di 11 principi della famiglia reale e quattro ministri (queste almeno le figure più rilevanti) nel Ritz Carlton di Ryadh. Arresti domiciliari di lusso, per quella che è stata definita, allora, una campagna anticorruzione. Nei fatti, MBS (così lo conoscono tutti in Medio Oriente e oltre) stava consolidando non solo il suo potere interno, ma anche la sua figura di interlocutore nei confronti degli Stati Uniti sotto la presidenza Trump e di guida di una parte della regione araba.

Le due cose, il rapporto con gli USA e la leadership nella penisola arabica, sono indissolubilmente legate. MBS il rottamatore appartiene a una nuova generazione al potere nel Golfo, in Arabia Saudita, negli Emirati Arabi Uniti, anche nell’inviso Qatar, che sta rimescolando le stesse dinamiche politiche. Sono giovani leader che non aderiscono a quel modo di far politica della vecchia generazione che aveva guidato la penisola arabica per decenni. Con loro, sono saltate anche alcune pregiudiziali.

La prima pregiudiziale sostenuta dai vecchi leader: non farsi la guerra. L’intervento militare dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti contro lo Yemen è paradigmatico per comprendere quello che i nuovi leader possono fare, non solo in termini di potenza di fuoco, ma anche in termini di violazione dei diritti umani, visto che quella yemenita è la peggiore crisi umanitaria a livello mondiale.

La seconda pregiudiziale: tenere unito il Consiglio di Cooperazione del Golfo, anche solo di facciata. È una pregiudiziale saltata, guarda caso, nel 2017, quando l’Arabia Saudita, assieme a Emirati Arabi Uniti, Bahrein ed Egitto, sottopone il Qatar a un embargo totale, chiudendo l’unica frontiera di terra di Doha e impedendo agli aerei qatarini di sorvolare lo spazio aereo di Ryadh. L’accusa formale  contro il Qatar è di sostenere il terrorismo, ma nei fatti l’embargo (fallito) è un’altra mossa per contenere l’influenza iraniana nella penisola arabica, in linea con la strategia trumpiana (e soprattutto di un altro ‘giovane’, suo genero Jared Kushner) concentrata sulla rottura dell’accordo nucleare del 2015 con Teheran.

La terza pregiudiziale: mai un accordo con Israele che non passi prima attraverso una pace giusta con i palestinesi. La pregiudiziale è saltata pochi mesi fa, attraverso la normalizzazione attuata, nel Golfo, da Emirati Arabi Uniti e Bahrein. A cui, molto probabilmente, seguirà qualcosa di simile da parte dell’Arabia Saudita.

Nella rapida ascesa di MBS verso il potere a Ryadh, però, nel 2018 si frappone – per così dire – un ostacolo. O meglio, un boomerang. Il 2 ottobre di quell’anno Jamal Khashoggi, uno dei più conosciuti giornalisti e intellettuali sauditi, entra nel consolato saudita a Istanbul per ottenere alcuni documenti. Non sarebbe mai più uscito da quel portoncino: nel consolato del suo Paese è stato torturato, ucciso e fatto letteralmente a pezzi da membri dei servizi di sicurezza di Ryadh. Opinionista per il Washington Post, Jamal Khashoggi era uno dei più strenui oppositori di MBS. E contro il principe ereditario, accusato di essere il mandante dell’assassinio di Khashoggi, puntano tutti il dito. Sin dall’inizio. A tal punto che la conferenza della Future Investment Initiative (sì, proprio quella) viene boicottata nel giro di pochissimi giorni da quasi tutti coloro che aveva garantito la partecipazione e la Davos nel Deserto, programmata per il 23 ottobre 2018, viene cancellata perché si rivela un incredibile fiasco. La Future Investment Initiative, proprio quella nel cui board of Trustee siede Matteo Renzi, senatore della Repubblica, componente prima della commissione Affari Esteri e ora della commissione Difesa, un ruolo per il quale può accedere a documenti sensibili sul Paese dei cui cittadini è rappresentante.

Piccolo dettaglio: la CIA, è notizia di pochi giorni fa, ha deciso di desecretare i documenti in suo possesso relativi all’omicidio Khashoggi.

Questo lungo commento è dedicato a Loujain al-Hathloul (nella foto), 31 anni, attivista saudita per i diritti delle donne, in galera da due anni e mezzo per essere stata una delle figure più esposte nella campagna per poter guidare un’automobile (sì, guidare un’automobile). È stata condannata da poco a oltre cinque anni di detenzione. MBS è stato descritto, anche lui, come un riformatore e un uomo che avrebbe aperto il Paese ai diritti delle donne, Mai pinkwashing è stato gestito in un modo così maldestro. 

 POST ORIGINALE

sabato 30 gennaio 2021

The Case for Jackson Pollock | The Art Assignment | PBS Digital Studios

Cosa rende importante l’opera di Jackson Pollock? Un video lo spiega

L'arte astratta è sempre stata oggetto di scherno, soprattutto tra il pubblico meno avvezzo ai linguaggi del contemporaneo. In questo video, che proprio a questo pubblico si rivolge, si cerca di spiegare perché Jackson Pollock è un grandissimo pittore. Oggi come ieri ...


I suoi dipinti sono tra i più noti al mondo. Il dripping, la tecnica che lo ha reso popolare, ha introdotto un modo totalmente nuovo di approcciare la pittura, innescando una rivoluzione dalla quale è stato impossibile tornare indietro. Parliamo di Jackson Pollock (1912-1956) esponente di un movimento, l’Espressionismo Astratto, che ha segnato l’arte del secondo dopoguerra in America e non solo.
Ma come possiamo leggere le opere di Pollock oggi? Sono ancora in grado di comunicare con gli spettatori e in che modo? In questo straordinario video didattico della serie The Art Assignment, prodotto dai PBS Digital Studios, si ripercorre in poco più di dieci minuti l’intera carriera dell’artista, dagli esordi alla fama internazionale, cercando di spiegare, anche attraverso le parole dei critici che l’hanno sostenuto, come Clement Greenberg, quale sia la vera importanza della sua opera. Un’arte che va gustata come si fa con la musica, ascoltando il ritmo delle forme, godendo della mutevolezza della materia, perdendosi nella galassia della pittura.44



E' partita la rivoluzione finanziaria?

 Da IL POST

Cosa sta succedendo sui mercati finanziari con GameStop e Reddit


(Spencer Platt/Getty Images)

L'attività coordinata sul social network continua a provocare grandi sconvolgimenti in borsa, mentre le principali piattaforme di trading hanno interrotto la compravendita di alcuni titoli

Questa settimana alcuni titoli sul mercato finanziario degli Stati Uniti hanno subìto fluttuazioni molto brusche e inaspettate provocate da investitori amatoriali, che si sono mossi in massa per comprare azioni ed altri prodotti finanziari, in parte organizzati e in parte influenzati da un canale del social network Reddit che si chiama r/wallstreetbets.

Nella notte di giovedì il titolo di GameStop, una catena di negozi di videogiochi, è crollato del 44 per cento dopo che le principali app e piattaforme di brokeraggio hanno impedito agli utenti l’acquisto di azioni dell’azienda, e poi è risalito di più del 60 per cento poche ore dopo, quando Robinhood, l’app più utilizzata dagli investitori amatoriali, ha annunciato che avrebbe sbloccato in parte la compravendita del titolo. Nei sette giorni precedenti il valore del titolo di GameStop era aumentato del 435 per cento. Lo stesso è avvenuto per AMC, una catena di cinema, mentre gli investitori non professionisti che si organizzano su Reddit o ne sono influenzati hanno cominciato a far aumentare di valore anche le azioni di altre aziende, come Nokia, Blackberry, American Airlines.

L’eccezionale volatilità sui mercati, legata alle iniziative di r/wallstreetbets, è stata così influente ed estesa da creare molta confusione: la borsa americana ha visto il maggior incremento del volume delle contrattazioni dal picco del 2008, poco prima della crisi finanziaria. Le attività di questi giorni hanno provocato perdite di miliardi di dollari a fondi di investimento famosi e rispettati (ci torniamo) e suscitato l’attenzione della SEC, l’autorità di vigilanza della borsa americana, oltre che di molti politici statunitensi e perfino del governo.

Negli ultimi due giorni, soprattutto, la situazione è stata particolarmente confusa. Mercoledì notte il canale Reddit r/wallstreetbets, da cui è nata l’iniziativa e che è usato dagli investitori amatoriali per organizzarsi e scambiarsi consigli, è stato offline per diverse ore, prima di ritornare disponibile. A partire da giovedì, inoltre, alcune note piattaforme di brokeraggio, come Charles Schwab, eToro ed ETrade, hanno cominciato a impedire la compravendita di azioni e altri prodotti di investimento di titoli come GameStop e AMC. A un certo punto si è aggiunto al blocco anche Robinhood, che è l’app di brokeraggio di gran lunga più usata dagli investitori amatoriali, cioè quelli che stanno provocando i grossi rivolgimenti sul mercato di questi giorni. Robinhood, come le altre piattaforme, ha reso impossibile fare qualsiasi tipo di operazione, a parte vendere tutto (che è esattamente il contrario di quello che gli utenti Reddit vorrebbero fare).

La ragione ufficiale di questo blocco è che le piattaforme di brokeraggio, che sono quelle che effettivamente fanno a nome degli utenti l’acquisto di azioni e altri prodotti di investimento, devono depositare una certa quantità di denaro presso istituzioni finanziarie che si chiamano “camere di compensazione”, per limitare i rischi di default. Le fluttuazioni del mercato avrebbero aumentato a tal punto i rischi che il denaro versato non sarebbe bastato, e Robinhood e gli altri avrebbero dovuto depositarne altro prima di riprendere le transazioni. Al tempo stesso, però, siccome Robinhood ha tra i suoi principali investitori uno dei fondi di investimento che hanno perso miliardi nelle operazioni di questi giorni, la piattaforma è stata accusata di aver impedito l’acquisto di azioni per ragioni di convenienza: alcuni utenti, ieri, le hanno fatto causa e molti politici statunitensi hanno definito la situazione inaccettabile.

Hanno cominciato a interessarsi della situazione anche le autorità politiche e finanziarie. La SEC, che è l’autorità di vigilanza della borsa americana, ha fatto sapere che sta monitorando la situazione. Jennifer Psaki, la portavoce della Casa Bianca, ha detto inoltre che la segretaria al Tesoro Janet Yellen sta seguendo gli sviluppi sui mercati, e ha aggiunto che questa vicenda mostra come l’andamento della borsa non rifletta «la situazione delle famiglie».

Quello che sta succedendo, tecnicamente, è uno «short squeeze»: gli utenti Reddit hanno individuato alcuni titoli — anzitutto GameStop — su cui i grandi investitori professionisti avevano fatto moltissime vendite allo scoperto, cioè delle scommesse finanziarie in cui si guadagna se il valore dell’azienda diminuisce e si perde se invece sale. Grazie a un’attività coordinata, anche se in maniera caotica e difficile da analizzare, gli utenti di r/wallstreetbets, che ha poco meno di tre milioni di iscritti, hanno convinto moltissime persone a comprare azioni e opzioni (cioè prodotti finanziari rischiosi in cui si scommette sul rialzo di un titolo) proprio di quelle aziende, provocando un effetto domino: più il valore del titolo aumentava più i fondi di investimento perdevano denaro, e sulla base dei meccanismi delle vendite allo scoperto erano costretti a comprare nuove azioni per limitare le perdite, facendo aumentare ancora di più il valore del titolo (in questo articolo abbiamo fatto una descrizione più approfondita di come ha funzionato lo «short squeeze» di GameStop).

Su Reddit, e in seguito sugli altri social network, il successo dello «short squeeze» di GameStop ha generato enorme eccitazione (spesso accompagnata da toni volgari e camerateschi), e l’aumento repentino di valore del titolo ha attirato moltissimi altri investitori amatoriali che cercavano di fare guadagni rapidi, e che negli ultimi giorni hanno esteso il loro interesse ad altri titoli con caratteristiche simili.

Un fenomeno che fino a un paio di giorni fa sembrava limitato a un paio di titoli si è dunque esteso notevolmente, ha sconvolto l’andamento ordinario del mercato e provocato perdite di miliardi di dollari a fondi di investimento famosi e rispettati: D1 Capital Partners, un fondo da 20 miliardi di dollari, giovedì aveva perso il 20 per cento del suo valore, Point72 il 10 per cento, Maplelane il 45 per cento, Citron Research ha eliminato interamente le sue vendite allo scoperto su GameStop, tutte in perdita.

Le gravissime perdite dei fondi d’investimento sono in un certo senso una conseguenza delle operazioni degli utenti Reddit, ma per molti sono diventate anche un obiettivo: su r/wallstreetbets c’è un fortissimo sentimento di rivalsa contro i «pezzi grossi» di Wall Street, la sede della borsa americana, e questo sentimento è diventato prevalente sui social network, come ha sintetizzato un tweet della deputata americana di sinistra Alexandria Ocasio-Cortez: «Bisogna ammettere che è davvero notevole vedere dei finanzieri di Wall Street che hanno sempre trattato la nostra economia come un casinò lamentarsi di una bacheca online i cui utenti stanno anche loro trattando il mercato come un casinò».

Bisogna ancora capire quanto durerà questa confusione, e se le dinamiche e gli equilibri dei mercati finanziari cambieranno in maniera consistente dopo quello che è successo negli ultimi giorni. Secondo alcuni esperti (e secondo i gestori dei fondi di investimento danneggiati), c’è la possibilità che l’attività di organizzazione fatta dagli investitori amatoriali sui social network possa costituire manipolazione di mercato, anche se si tratta di un’azione decentralizzata e fatta con informazioni pubbliche. Mercoledì, come dicevamo, il canale Reddit r/wallstreetbets è stato inaccessibile per alcune ore, mentre Facebook ha chiuso almeno un gruppo simile, con oltre 150 mila utenti.

Gli esperti sono inoltre divisi sulle conseguenze di lungo termine: alcuni ritengono che, terminata l’euforia di questi giorni, i mercati torneranno alla normalità. Secondo altri, invece, l’influenza degli investitori amatoriali, che ormai generano circa un quarto di tutti gli scambi sul mercato finanziario e che hanno priorità di investimento molto diverse da quelle degli operatori professionisti, provocherà conseguenze durature e di lungo periodo.

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giovedì 28 gennaio 2021

Dimenticanza


- Oh, buona giornata della dimenticanza.
- Anche a te. Aspetta… cosa?
- La giornata della dimenticanza. È oggi.
- Che è la giornata della dimenticanza?
- Come che è la giornata della dimenticanza? Il giorno dopo il giorno della memoria. Come San Valentino, festa degli innamorati, è seguito da San Faustino, festa dei single, così il giorno della memoria è naturalmente seguito dal giorno della dimenticanza.
- E in che consiste?
- Nel dimenticare.
- Cosa?
- Ma tutto. Perché diciamocelo, la festa della memoria è bella, importante e tutto quanto, ma che tristezza. Che peso. E il documentario e le testimonianze, e internet con le biografie e la solita programmazione che mi tocca beccarmi l’uno-due Schindler’s List – Train de vie, quando vorrei solo vedermi una bella commedia romantica di quelle ambientate a New York, hai presente? Quelle dove lei fa la commessa nel negozio di libri e lui…
- Cosa cazzo stai dicendo?
- Sto dicendo che è una gran fatica ricordare. È complicato, difficile, ti fa sentire in colpa, ti fa sentire pesante, responsabile. Abbi pazienza, io c’ho anche le mie cosette da fare. Quindi, ben venga la giornata della memoria, ma poi altrettanto opportuna è la giornata della dimenticanza. Tra l'altro fondamentale per certe persone.
- Va be’, ma a che serve sta giornata?
- Te l’ho detto, ad alleggerirsi.
- In che senso?
- Nel senso che hai fatto il tuo? Hai fatto presenza? Mo basta. Adesso avrai anche il diritto per un altro anno di dimenticare. O no?
- Ma dimenticare che?
- Dimenticare che l’olocausto può succedere ancora. Che basta un frustrato al comando di un paese di frustrati, e che già ci stanno tutti e due. Che i campi di concentramento esistono e sono in Cina, in Malesia, in Libia, in Corea del Nord. Che le minoranze perseguitate si trovano a tutte le latitudini. Che i pretesti ci vengono costruiti sotto il naso e la gente che cerca qualcuno con cui incazzarsi è sempre più numerosa e prova sempre meno vergogna nei confronti dei propri pregiudizi. Che i Goebbels, i Göring, gli Himmler, ci sono già a volerli cercare bene. E non ha senso pensare che siano delle macchiette solo perché lo sembrano. Lo sembrano perché non hanno ancora abbastanza potere per farci paura e il potere è l’unico motivo per cui si svegliano la mattina. Che qualche Hitler fatto e finito lo si trova facile sulla cartina, anche in Europa. Che molti paesi lo chiedono a gran voce e che i discorsi nei bar dell'internet suonano familiari in maniera inquietante. Insomma, che non solo può succedere, ma che da qualche parte sta già succedendo.
- E quindi che si fa in sta giornata della dimenticanza?
- Mah, niente di che. Si guarda la tv, si sta un po’ su Facebook. Magari si esce per una passeggiata. Un caffè, una chiacchiera. Un paio di telefonate, la spesa, il cane. Si cazzeggia. La sera eventualmente si guarda un bel film allegro, qualcosa per svagarsi. Ecco, si pensa ad altro.
- A me sembra identica a tutte le altre giornate.
- Eh, pure a me.

mercoledì 27 gennaio 2021

Con_te o contro

A parte i componenti del MoVimento 5 Stelle  (neanche tutti), il resto dei politici italiani odia Conte. A questi si somma un buon 95% dell'informazione e quasi la totalitá degli osservatori e degli opinionisti.

Una curiosa concentrazione di negativitá (eufemismo) che non ha precedenti nella storia italiana. A questo si oppone, peró, uno straordinario consenso e índice di gradimento popolare, intestato al premier, che pure ha pochi precedenti e che unisce quella parte di italiani, che a Conte ha affidato le speranze. 

Che cosa avrá fatto questo signore per unire in tale atteggiamento ostile, praticamente tutti? Ammetto di non riuscire a trovare una spiegazione supportata da fatti. Riesco solo ad immaginare che il tutto sia dovuto all'intransigenza morale del Premier e la dichiarata indisponibilitá dello stesso a scendere a compromessi e ad accordi che vedano l'inclusione di interessi privati, ovvero non in linea con il supremo bene collettivo. É evidente che la presenza di Conte rende molto difficile le spartizioni, i soborni, le corruzioni, alle quali le lobbies ed i comitati di affari di casa nostra erano abituati. Adesso con i 209 miliardi in arrivo, la reazione si é scatenata con una potenza di fuoco incredibile e l'utilizzo di tutte le armi disponibili, incluso Renzi.

Una parte dell'opinione pubblica ha aderito alla campagna di odio. É di oggi la notizia del cartello augurante la morte del Premier appeso all'entrata di un negozio. Molti italiani si lamentano ed insultano Conte ripetendo le frasi udite in televisione o riportate sui titoli dei giornali.
In questo caso peró spiegazioni non ne trovo. Il perché si giunga a odiare un Premier che sta lavorando giorno e notte, a costo di immensi sacrifici personali (anche economici) al solo fine del vantaggio collettivo, dell'interesse del paese, sfugge alla mia comprensione, non riesco proprio a capirlo. Soprattutto dopo il successo europeo e considerando che per 30 anni i governi precedenti hanno massacrato ed impoverito l'Italia.

I premier che hanno preceduto Conte sono: Berlusconi per ben quattro volte, Prodi per due e poi D'Alema, Monti, Letta, Renzi e Gentiloni. Tutti meglio di Conte? Vogliamo ricordare cosa é avvenuto con Berlusconi? Fare l'elenco delle leggi approvate con i suoi governi? Le oltre 500.000 imprese fallite nel 2010? I suicidi di imprenditori? Vogliamo ricordare i tagli a scuola e sanitá del quarto governo, quello in cui la signora Meloni era Ministro? La riforma Gelmini? Il Tremonti che dichiarava "con la cultura non si mangia"? Vogliamo ricordare il rischio di default e lo spread a quasi 600? Quelli che ora si lamentano cosa avevano in piú che non fossero i capelli? La lega non faceva parte di quei governi?

L'orrendo cartello di cui tutti parlano é la chiara dimostrazione che é inutile sperare che l'Italia possa cambiare. Una buona parte di italiani sono cosí imbecilli ed utili idioti che non lo permetteranno mai. Non per convenienza ma per idiozia. I comitati di affari, i prenditori, i ladri, i mafiosi, i Salvini, le Meloni, i Berlusconi, i Renzi lo hanno capito perfettamente. Se é vero che la specie umana meriterebbe l'estinzione, gli italiani anche di piú. 

Giancarlo Selmi

Memoria


Giornata della memoria

martedì 26 gennaio 2021

Schiena Dritta

Questa mattina ho convocato un Consiglio dei Ministri per comunicare la mia intenzione di dimettermi. Poco dopo mi sono recato al Quirinale per rassegnare le dimissioni nelle mani del Presidente Mattarella.

La settimana scorsa, in Parlamento, il Governo ha ottenuto la fiducia in entrambe le Camere, ottenendo la maggioranza assoluta alla Camera dei Deputati e la maggioranza relativa al Senato.

Il Paese, tuttavia, sta attraversando un momento davvero molto difficile. Da ormai un anno stiamo attraversando una fase di vera e propria emergenza. Le diffuse sofferenze dei cittadini, il profondo disagio sociale e le difficoltà economiche richiedono una prospettiva chiara e un governo che abbia una maggioranza più ampia e sicura.
È il momento, dunque, che emergano in Parlamento le voci che hanno a cuore le sorti della Repubblica.

Le mie dimissioni sono al servizio di questa possibilità: la formazione di un nuovo governo che offra una prospettiva di salvezza nazionale. Serve un’alleanza, nelle forme in cui si potrà diversamente realizzare, di chiara lealtà europeista, in grado di attuare le decisioni che premono, per approvare una riforma elettorale di stampo proporzionale e le riforme istituzionali e costituzionali, come la sfiducia costruttiva, che garantiscano il pluralismo della rappresentanza unitamente a una maggiore stabilità del sistema politico.

Questo conta. Che il nostro Paese si rialzi in fretta e possa mettersi alle spalle la pandemia e le tragedie che essa ha arrecato, in modo da far risplendere la nostra nazione nella pienezza delle sue bellezze.

Per parte mia, anche in queste ore continuerò a svolgere gli affari correnti fino all’insediamento del nuovo governo. Continuerò a svolgere il mio servizio al Paese, con senso di responsabilità e con profondo impegno.

Sono queste le caratteristiche che hanno caratterizzato il mio operato, quello dell’intero governo e delle forze di maggioranza che ci hanno sostenuto, anche quando i risultati raggiunti e le risposte date non sono apparsi all’altezza delle aspettative dei cittadini.

L’unica cosa che davvero rileva, al di là di chi sarà chiamato a guidare l’Italia, è che la Repubblica possa rialzare la testa. Allora avremo vinto tutti, perché avrà vinto l’Italia. Quanto a me, mi ritroverete sempre, forte e appassionato, a tifare per il nostro Paese.

Giuseppe Conte

lunedì 25 gennaio 2021

Restiamo umani: la peste, Manzoni e Boccaccio

“Manzoni non l’aveva vista, la peste, ma aveva studiato documenti su documenti.
E allora descrive la follia, la psicosi, le teorie assurde sulla sua origine, sui rimedi.
Descrive la scena di uno straniero (un “turista”) a Milano che tocca un muro del duomo e viene linciato dalla folla perché accusato di spargere il morbo.
Ma c’è una cosa che Manzoni descrive bene, soprattutto, e che riprende da Boccaccio: il momento di prova, di discrimine, tra umanità e inumanità.
Boccaccio sì che l’aveva vista, la peste.
Aveva visto amici, persone amate, parenti, anche suo padre, morire. E Boccaccio ci spiega che l’effetto più terribile della peste era la distruzione del vivere civile.
Perché il vicino iniziava a odiare il vicino, il fratello iniziava a odiare il fratello, e persino i figli abbandonavano i genitori. La peste metteva gli uomini l’uno contro l’altro. Lui rispondeva col Decameron, il più grande inno alla vita e alla buona civiltà.
Manzoni rispondeva con la fede e la cultura, che non evitano i guai ma, diceva, insegnavano come affrontarli.
In generale, entrambi rispondevano in modo simile: invitando a essere uomini, a restare umani, quando il mondo impazzisce.”

(Errico Buonanno)

sabato 23 gennaio 2021

La relazione di Palazzi del 2011... per non dimenticare





"Illecito sportivo dell'Inter"
Ecco le carte di Palazzi

Il procuratore definisce prescritti i reati, dunque sullo scudetto 2006 può decidere solo il consiglio federale. Anche il comportamento di Spinelli (Livorno) è da illecito, mentre per Meani e Foti c'è già un giudizio. Fra i "colpevoli" prescritti anche il tecnico Spalletti.


ROMA, 4 luglio 2011 - Sono 72 le pagine in cui il procuratore federale Stefano Palazzi motiva il provvedimento su "Calciopoli bis" che ha portato all'archiviazione per prescrizione, di tutti gli imputati. Inchiesta nata dalle intercettazioni evidenziate lo scorso anno nel processo penale in corso a Napoli dai legali di Luciano Moggi. In pratica il procuratore entra nel merito e spiega certi comportamenti e quali sarebbero state le conclusioni se i tempi della giustizia sportiva non fossero prescritti. Pesante in particolare il giudizio sui comportamenti del tesserato Giacinto Facchetti, ritenuto colpevole di "illecito sportivo". Quanto all'esposto della Juventus, con richiesta di revoca dello scudetto 2006 assegnato all'Inter, spiega Palazzi che non si può più intervenire per via disciplinare. Ma alla luce del parere del collegio dei saggi, nominato dall'allora commissario federale Guido Rossi, la decisione di eventuale revoca può spettare solo al consiglio federale, che ne discuterà nella seduta programmata il 18 luglio.

Clicca qui e leggi l'intero documento.

NELLE MANI DEL CONSIGLIO FEDERALE — Spiega Palazzi: "Alla luce delle considerazioni svolte durante la presente disamina, anche con riferimento a tale problematica, questo Ufficio ritiene che sulla questione costituente oggetto dell'esposto possa, in ipotesi, pronunciarsi esclusivamente la Federazione, da una parte, in conseguenza della improcedibilità delle situazioni di rilievo disciplinare emerse e, dall'altra, in conformità a quanto affermato nel parere consultivo reso il 24 luglio 2006 dalla Commissione nominata dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio e composta dall'Avv. Gerhard Aigner, dal Prof. Massimo Coccia e dal Prof. Roberto Pardolesi. Ne consegue che, nella specie, appare fondato e ragionevole ritenere la sussistenza, nell'ambito dell'ordinamento di settore, di un interesse qualificato, facente capo alla Federazione, in ordine all'acquisizione di tutti gli atti del presente procedimento, al fine di poter più compiutamente valutare l'ammissibilità e, quindi, l'eventuale fondatezza della richiesta formulata dalla società Juventus F.c."...

GRAVI E REITERATI COMPORTAMENTI — Scrive il procuratore sui comportamenti "In definitiva: la reiterazione delle telefonate; i rapporti di consolidata conoscenza fra gli interlocutori; l'affidamento insorto in questi ultimi sulle informazioni attese o ricevute; la reciprocità delle informazioni richieste; la assoluta inverosimiglianza o contraddittorietà delle giustificazioni fornite dai soggetti esaminati nel corso delle indagini; rappresentano tutti elementi gravi, precisi e concordanti, in ordine alla illiceità di molte delle condotte in esame e che consentono di escludere una qualsivoglia verosimile ricostruzione alternativa dei fatti oggetto di indagine. Più avanti verranno esaminate partitamente le condotte dei singoli tesserati.

INNOCENTI — In definitiva Palazzi spiega quali sarebbero stati i suoi provvedimenti. Assoluzione per i dirigenti Zamparini (Palermo) e Zanzi (Atalanta) perché i loro colloqui con gli allora designatori - Bergamo e Pairetto - sono irrilevanti.

COLPEVOLI DI SLEALTA' — Invece configura la violazione dell'articolo 1 (quello sulla lealtà sportiva) per i tesserati: Cellino (Cagliari), Campedelli (Chievo); Foschi (Palermo), Gasparin (Vicenza), Governato (Brescia), Corsi (Empoli), Spalletti (allenatore Udinese).

GIA' GIUDICATI — Differente la posizione per i dirigenti Foti (Reggina) e Meani (Milan), già condannati per violazione dell'articolo 1. Palazzi tiene a precisare che per il Milan la richiesta nel 2006 era stata di condanna per illecito sportivo (art. 6), ma la giudicante decise diversamente. E sottolinea che i nuovi elementi probatori emersi dalle altre intercettazioni configurerebbero l'illecito come già sostenuto a suo tempo. Già giudicati anche i designatori e gli arbitri: Bergamo, Pairetto, Lanese, Mazzei e De Santis.


COLPEVOLI DI ILLECITO — Per la procura federale è configurabile per il Livorno (Spinelli) e per l'Inter (Facchetti). A proposito di Facchetti e dei nerazzurri, Palazzi è duro: "Questo Ufficio ritiene che le condotte in parola siano tali da integrare la violazione, oltre che dei principi di cui all'art. 1, comma 1, CGS (codice di giustizia sportiva, ndr), anche dell'oggetto protetto dalla norma di cui all'art. 6, comma 1, CGS, in quanto certamente dirette ad assicurare un vantaggio in classifica in favore della società Internazionale F.c., mediante il condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale e la lesione dei principi di alterità, terzietà, imparzialità ed indipendenza, che devono necessariamente connotare la funzione arbitrale. Oltre alla responsabilità dei singoli tesserati, ne conseguirebbe, sempre ove non operasse il maturato termine prescrizionale, anche la responsabilità diretta e presunta della società ai sensi dei previgenti artt. 6, 9, comma 3, e 2, comma 4, CGS".
Un po' meno grave la posizione del tesserato Massimo Moratti: "Comunque informato della circostanza che il Facchetti avesse contatti con i designatori, come emerge dalle telefonate commentate, nel corso delle quali è lo stesso Bergamo che rappresenta tale circostanza al suo interlocutore. (...) Ne consegue che la condotta del tesserato in esame, Moratti, in considerazione dei temi trattati con il designatore e della frequenza dei contatti intercorsi, appare in violazione dell'art. 1 CGS vigente all'epoca dei fatti, sotto i molteplici profili indicati".

Gasport© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Giacinto Facchetti

giovedì 14 gennaio 2021

Sono Bond, James Bond

- Signor Bond, vedo che finalmente è riuscito a scovare il mio nascondiglio.
- Dottor Ecatombe, non ti permetterò mai di azionare le testate nucleari. Arrenditi, per te è finita.
- Au contraire, monsieur Bond. Temo che questa volta lei si stia sbagliando di grosso.
- Cosa succede? Sento la testa pesante... mi fa male…
- Finalmente il veleno sta facendo effetto.
- Che veleno?
- La ragazza al bar, signor Bond. 
- Sybille. Cosa mi hai fatto?
- Io? Niente, monsieur Bond. È stato lei. Ha fatto tutto lei. Non dovrebbe baciare ogni bella donna che incontra. Vede, nel rossetto della dolce Sybille era contenuta una potente tossina, estratta da alcuni serpenti della Nuova Guinea. Interferisce con il sistema respiratorio e porta inevitabilmente a una morte lenta e dolorosa.
- Tu sia maledetto, dottor Ecatombe!
- Oh, non sia così drammatico e apprezzi con me l’ironia. La famosa spia playboy muore a causa di un bacio fatale.
- Io… io… ti fermerò…
- Facciamo così, le voglio dare una possibilità. Proprio come al casinò, si ricorda? Qui c’è l’antidoto. È la sua unica speranza di guarire. Sarà suo se risponderà a poche semplici domande riguardo il suo passato. Non menta, signor Bond, o me ne accorgerò.
- Col cazzo che mi faccio l’antidoto.
- Prima domanda, i suoi genitori sono… eh?
- Ho detto che col cazzo che mi sparo l’antidoto in vena.
- Io… non capisco.
- Chissà che ci hai messo dentro.
- No. No, ti giuro, è l’antidoto. 
- Piuttosto mi faccio mettere in circolo degli anticorpi specifici ai fini di sconfiggere il veleno.
- Hai appena descritto il concetto di antidoto. 
- E com’è che è arrivato così in fretta sto antidoto? Cosa mi stai nascondendo dottor Ecatombe?
- James, è un anno che ci lavoro. C’ho un laboratorio giù, l’hai visto pure te, quello coi sottomarini e le guardie paranaziste. Quello che m’hai fatto saltare in aria.
- Non mi fido, è poco sicuro.
- Ah certo, non ti fidi. L’uomo che se ne tromba tre a film senza preservativo, mo pensa che l’antidoto sia poco sicuro. Capisco.
- Sei al soldo delle grandi case farmaceutiche.
- Guarda che va contro il mio interesse eh. Io c’avrei ste testate nucleari qua da far saltare. La cosa dell’antidoto sinceramente io l’avevo pensata come un intermezzo psicologico, una roba così tanto per indagare sul tuo passato misterioso e poi ci si sparava sul tetto. Non avrei mai creduto sarebbe stato un problema.
- Parlami degli effetti a lungo termine.
- Zio, stai sputando sangue. Di che effetti a lungo termine ti preoccupi? Gli effetti a lungo termine sono la tua sopravvivenza.
- E se divento autistico?
- Intendi più autistico di così? 
- E se mi modifica il DNA?
- Festeggiamo.
- E se ci metti l’acqua?
- Nun te pagamo. Dai, James!
- Ho letto che una ci è morta subito dopo aver preso l’antidoto.
- Dove l’hai letto?
- Sul Corriere.
- Ma il Corriere non se lo legge più nessuno, per quello è costretto a scrivere cose del genere.
- Io so solo che una donna si è presa l’antidoto e poi è morta.
- Com’è morta?
- Sbranata da un puma.
- Porca mignotta, James. Posso parlare con qualcun altro? Jason Bourne? Austin Powers?
- E scusami, se è tanto importante perché tu non te lo sei fatto?
- Certo che me lo sono fatto.
- Ah, vedi. Te lo sei fatto prima di me. Io non conto un cazzo. I soliti privilegiati accedono prima alle cure.
- Devo essere sincero, sono veramente tentato di aprire la botola con i piranha e concludere questa discussione. Aspetta, magari ti convinco così. È infettivo.
- Cosa?
- Hai capito bene, il veleno che hai in circolo è infettivo. Passa da persona a persona. Quindi, se proprio non vuoi farlo per te, fallo per le persone a cui tieni.
- Chi?
- Non lo so, Q., il tizio dei gadget, le millemila strappone con i nomi esotici. I tuoi amici.
- James Bond non ha amici.
- E inizio a capire pure perché.
- Ma ne ho un sacco dove conta: su Facebook.
- Uau, e ti fanno tenere un’arma. Ascolta…
- Aspetta, la testa ha cominciato a farmi un male cane.
- È il veleno.
- Cosa può essere?
- È il veleno.
- Forse sono solo un po’ stanco.
- È il veleno.
- Magari mi faccio dei suffumigi.
- Dei suffumigi contro la tossina del serpente della Nuova Guinea.
- Liberano i bronchi.
- Ti piglierei a schiaffi, guarda. 
- Va bene, dottor Ecatombe, giù la maschera.
- Ce l’hai sotto il mento da quanto abbiamo cominciato questa conversazione.
- La verità è che io… ho paura.
- Davvero?
- Sì.
- James, patato. Ma se la settimana scorsa stavo per tagliarti in due con un raggio laser e tu mi facevi le battutine.
- Eh, ma gli aghi.
- Ma è un ago piccolo. Guarda, è piccolissimo. Più sottile della sceneggiatura dei tuoi film.
- Tu mi vuoi obbligare a pigliare l’antidoto. Questo è anticostituzionale.
- Ma chi ti obbliga a far niente! Se non hai istinto di sopravvivenza né un minimo di coscienza civile, credo che dovresti preoccuparti meno di quello che c’è dentro sta fialetta e più di quello che c’è dentro di te. Poi, scusami eh, ma tra i due son io quello col “dottore” davanti al nome, mi son fatto master, dottorato, praticantato, specializzazione, frequento continuamente corsi di aggiornamento. Conterà un minimo? Te sai solo sparare dritto.
- E qui ti sbagli, caro il mio dottor Ecatombe. Io ho qualcosa che tu non hai. Qualcosa che mi rende invincibile.
- Cosa?
- La mia licenza…
- Di uccidere?
- No, media.

Non è successo niente su FB

https://www.facebook.com/1136619619757027/posts/3556280124457619/

Scendo il cane che lo piscio

- Insomma, ieri stavo giù a pisciare il cane.
- L’alano.
- Sì, l’alano. Sto lì con lui tranquillo e a un certo punto arriva quest’altra donna.
- Okay.
- Che al guinzaglio ha pure lei un cane. Un cagnetto. Un cagnetto minuscolo.
- Tipo un volpino?
- Ecco, tipo. Quei cagnetti lì, quelli da cappotto. Vedo che il mio lo vede e scatta un po’ quella situazione, sai…
- Quella cosa tra cani…
- Esatto, di quando due cani si vedono, si studiano. Insomma sta signora mi passa accanto e il suo cane inizia ad abbaiare.
- Tipico.
- Sto microbo si sgola, mostra le zanne, sbava. Sembra Cujo.
- Avevo letto una cosa in proposito…
- Sì, pure io. Dicono che i cani piccoli sono più aggressivi perché hanno paura e perché, a differenza di quelli grandi, non gli viene mai insegnato per bene come socializzare.
- Ma dai.
- Sì, comunque paura o non paura, sto cagnolino è incazzato come una biscia. Fa un casino allucinante. Al che mi volto verso il mio e cosa scopro?
- Cosa?
- Che è terrorizzato. Quello scemo d'un cane pesa sessanta chili ed è terrorizzato da sto botolo. Lo vedo proprio, con la coda fra le gambe e la faccia tutta impaurita. Pensa, tremava.
- Poraccio.
- Ma poraccio cosa che se vuole se lo mangia quel sorcio. E allora mi son chiesto perché.
- Perché non hanno la percezione.
- Bravo, perché non hanno la percezione. Il mio stupido cane non riesce a farsi entrare in testa il fatto che lui è grosso e quest’altro è piccolo. Che lui è quello imponente, quello che ha il controllo e l'altro è bravo solo a rompere i coglioni.
- Va be’, sono animali non puoi pretendere che…
- Aspetta, perché non è finita. Tutto sto dramma canino si è svolto in mezzo alla strada e quasi ci ammazzava tutti.
- Come quasi vi ammazzava?
- Eh sì, perché io provo a portare lontano il mio, la signora prova a spostare il suo. Ma il mio quando non vuole muoversi, lo sai pure te, non lo sposti, il suo rimane piantato a terra epilettico deciso a romperci i timpani e mentre tiriamo i rispettivi guinzagli quasi ci investe una macchina a tutti e due.
- Ma dai.
- Ti giuro. La cosa più assurda è che sto cagnetto infame non si era neanche reso conto della situazione di pericolo collettiva, non si era reso conto di stare mettendo a repentaglio la vita sua e quella della sua padrona. Non gliene fregava niente, capisci? Gli fregava solo di se stesso, di abbaiare e di essere l’assoluto, inutile protagonista di quella cazzo di situazione surreale che peraltro aveva creato lui. 
- Okay, ma tutto sto discorso cosa c’entra con la mia domanda.
- Qual era la domanda?
- Cosa sta combinando Renzi?
- Allora, ti rispiego. Ieri stavo giù a pisciare il cane...

Non è successo niente su FB

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