venerdì 27 novembre 2015

Neanche un passerotto...

Crisi Mosca-Ankara: i turchi, inconsapevolmente, hanno regalato a Putin il controllo dello spazio aereo siriano

  (di Franco Iacch) 25/11/15 
Putin è il padrone del cielo siriano con un complessivo raggio di azione di 500 km.

Non si potrebbe definire altrimenti quello che sta avvenendo in queste ore con l’entrata in servizio presso la base di Hmeymim nei pressi del Bassel al-Assad International Airport della linea antiaerea S300/S400.

Oltre, ovviamente allo schermo difensivo rappresentato dal Moskva, a ridosso del porto di Tartus.
Partiamo proprio dallo schermo difensivo rappresentato dal Moskva che si estende fino alla zona meridionale della Turchia, sede delle basi utilizzate dagli USA per i raid in Siria.

Lo Stato Maggiore russo ieri è stato chiaro: ogni minaccia nemica sarà disintegrata. C’è da capire quando una minaccia, una volta rilevata sui radar, sarà rilevata come tale.

Il Moskva dicevamo, imponente carrier-killer con i suoi SS-N-12 Sandbox lanciati a sciami e con 64 missili terra aria S-300 PMU-1/2. Quei 64 missili di ultima generazione, in grado di abbattere sia caccia che missili balistici fanno del vettore classe Slava sono un incubo per la coalizione.

La più potente nave mai realizzata dalla Marina sovietica impone alla coalizione di rivedere l’intera strategia.
Mosca, almeno in queste ore, sembra essersi chiusa a riccio. La sensazione è che dal Cremlino non si fidino più di nessuno. Ma la trappola turca (la violazione dello spazio aereo avviene con regolarità da entrambi gli schieramenti ed erano all’ordine del giorno durante la guerra fredda), ha dato a Putin il pretesto per controllare lo spazio aereo siriano.
Il Moskva conferisce una copertura di 150 km a 360 gradi dal porto di Latakia. A 77 km di distanza si trova la base di Hmeymim. Mosca ha confermato una doppia linea di difesa. L’S-300 è ritenuto letale contro tutti i caccia di quarta generazione e, comunque, contro tutti i vettori non dotati di tecnologia stealth

La versione S-400, invece, è stata progettata proprio per intercettare le minacce stealth occidentali.
Il missile 9M82M conosciuto come “Antey-2500”, (nome in codice NATO SA-23 Gladiator \ Giant) è specificatamente progettato per la difesa tattica contro missili balistici a medio raggio o velivoli nemici. Può seguire fino a 100 bersagli, potendo ingaggiarne 12/24 ad una distanza di 200 chilometri (124 miglia) e ad altezza di 27 chilometri (circa 17 miglia). Il SA-23 è ritenuto immune alla maggior parte delle contromisure ECM occidentali con una tangenza operativa di trentamila metri. L’Antey, una volta messo in linea, non richiede manutenzione per almeno dieci anni, mentre le sue testate sono ritenute in grado di sconfiggere anche i più moderni missili balistici occidentali. E’ guidato da un sistema inerziale con aggiornamento radio a metà percorso, mentre nella fase terminale si affida ad un radar semi attivo.
Il problema è che i russi hanno schierato nella base di Hmeymim la versione V4 con una gittata di 400 km. Per i russi, non esiste velivolo (compresi il B-2, l’F-22 e l’F-35) in grado di affrontare impunemente un sistema S-400.

I sistemi S-300 (e S-400) rappresentano la punta più alta dei sistemi di difesa terra-aria russi. Sono progettati per proteggere le aree di importanza strategica. Ogni batteria può attaccare più di una mezza dozzina di obiettivi simultaneamente.
La differenza principale rispetto alla precedente generazione SAM strategica, è che l’S-300 è un sistema mobile. Non solo: gli S-300 sono collegati in rete. Ciò significa che in un sistema integrato di difesa aerea, gli S-300 rappresentano una sfida impossibile da vincere per tutti i velivoli di quarta generazione esistenti. F-15, F-16 e F/A-18: avrebbero ben poche speranze di uscire indenni da un’area protetta dagli S-300.
L'S-400 Triumph (denominazione NATO SA-21 Growler) è un sistema missilistico antiaereo russo progettato per distruggere tutti gli obiettivi aerospaziali moderni ed avanzati ad una distanza massima di 400 chilometri (248,5 miglia), una gittata praticamente doppia al MIM-104 Patriot americano. 

L’S-400 Triumph, aggiornamento della serie S-300, è in servizio con le Forze Armate russe dall’aprile del 2007, con impiego operativo nell’agosto dello stesso anno. Ad oggi, i russi hanno in linea quattro reggimenti armati con gli S-400 a protezione dello spazio aereo nazionale nella regione di Mosca, nell'enclave baltica di Kaliningrad ed il Distretto Militare orientale.

Per i russi, non esiste velivolo (compresi il B-2, l’F-22 e l’F-35) in grado di affrontare impunemente un sistema S-400.

(foto: MoD Fed. russa)

Fonte: DIFESA ONLINE

giovedì 26 novembre 2015

Cazzo,Vladimir, rispondi al telefono! (ripicche e batterie antiaeree)

Siria, Russia: “Non abbiamo ricevuto le scuse della Turchia”. Erdogan: “Putin non risponde al telefono”






Vladimir Putin dal Cremlino ha fatto sapere di essere in attesa di un segnale: "Non abbiamo avuto nemmeno un'offerta di risarcimento o la promessa che i criminali saranno puniti". Il presidente turco: "Sono loro che hanno violato nostro spazio aereo". Intanto la Cnn Turk ha fatto sapere che un gruppo di 50 imprenditori turchi è stato arrestato in territorio russo per "false dichiarazioni sul loro viaggio nel Paese"


E’ ancora crisi tra Russia e Turchia. Dopo le ultime ore di tensione in seguito all’abbattimento del cacciabombardiere Su-24 russo distrutto in volo martedì 24 novembre al confine turco con la Siria, continua il botta e risposta tra i rappresentanti dei due Paesi. Se Vladimir Putin ha detto di non aver ancora ricevuto le scuse da parte di Recep Tayyip Erdogan, quest’ultimo ha detto che non spetta alla Turchia scusarsi e che il presidente russo non ha risposto alle sue telefonate.
In mattinata dal Cremlino erano arrivate le critiche di Putin: “Non abbiamo ricevuto scuse né offerte di risarcimento, né tantomeno la promessa che i criminali saranno puniti”. Alle lamentele era seguita poco dopo la replica del presidente turco: “Penso che se c’è una parte che deve scusarsi, non siamo noi”, ha detto in un’intervista alla Cnn. “Deve scusarsi chi ha violato il nostro spazio aereo. I nostri piloti e le forze armate hanno semplicemente fatto il loro dovere”. Una posizione ribadita anche dal ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu: “Non c’è bisogno di scusarci quando abbiamo ragione. In una telefonata” ieri con il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, comunque “abbiamo detto che siamo dispiaciuti”.

Non solo le relazioni diplomatiche risultano compromesse. Il ministro dell’Economia russo Alexei Ulyukayev ha annunciato che la Russia potrebbe imporre diverse restrizioni alla Turchia, tra cui limiti ai voli civili da e per il Paese e un ridimensionamento del gasdotto TurkStream.
Secondo la tv turca di Ankara Cnn Turk invece, le autorità russe avrebbero arrestato un gruppo di una cinquantina di imprenditori turchi con l’accusa di “false dichiarazioni sul loro viaggio nel Paese”. Al momento dell’arresto, avvenuto mercoledì 25 novembre, il gruppo di imprenditori si trovava nella città di Krasnodar per partecipare a una fiera dell’agricoltura. Un giudice ha condannato ognuno di loro a una multa di 4.000 rubli e a 10 giorni di carcere. La condanna si riferisce al fatto che avevano dichiarato “turismo” come motivo del viaggio, che aveva in realtà scopi commerciali.

Ed ancora... mentre la nave Russa Yamal (classe Ropucha) ha oltrepassato lo stretto dei Dardanelli e la Moskva (classe Slava) è a ridosso del porto di Tartus...

da Repubblica.it



Crisi Russia-Turchia, Putin: "Da Ankara non sono arrivate scuse, noi avevamo informato alleati"

Il capo del Cremlino attacca: "Vogliono portare le relazioni a un punto morto". Erdogan: "Non ci scuseremo". Sospese cooperazioni militari, Mosca chiede ai connazionali di lasciare la Turchia.

 Crisi Russia-Turchia, Putin: "Da Ankara non sono arrivate scuse, noi avevamo informato alleati"Vladimir Putin (ansa)

Tensione sempre alta tra Mosca e Ankara dopo l'abbattimento di un caccia russo da parte degli F-16 turchi. Vladimir Putin ha rimarcato come dalle autorità turche non siano arrivate ancora scuse, né offerte di indennizzo. Il capo del Cremlino ha detto di avere l'impressione che il governo turco voglia intenzionalmente portare le relazioni con Mosca "a un punto morto" e ha ripetuto di considerare assolutamente inspiegabile la "pugnalata alle spalle" da un Paese che Mosca considera alleato nella lotta al terrorismo.

In serata, dopo il vertice con Hollande, Putin ha affondato ulteriormente le sue critiche: "Noi in anticipo avevamo informato i nostri partner Usa dove si trovavano i nostri aerei", sottolineando che gli Usa guidano la coalizione "in cui rientra anche la Turchia". La Russia terrà "intense" consultazioni con gli americani "sullo scambio di informazioni in Siria". Putin ha aggiunto: "E' possibile che i turchi non sapessero dove si trovavano i nostri caccia, ma è impossibile che non riescano a riconoscerli".

Ankara: niente scuse. A Putin ha replicato il presidente turco Recep Tayyp Erdogan che ha ripetuto che l'abbattimento del Sukhoi è stata "una reazione automatica" alla violazione dello spazio aereo turco, in linea con le istruzioni che erano state date alle forze armate di Ankara. Erdogan si è anche detto "rattristato" di vedere reazioni dalla Russia che non sono direttamente collegate all'episodio e ha anche sottolineato che l'impegno turco nella lotta all'Is è "incontrovertibile".

Poi l'attacco: "La Russia non sta combattendo davvero l'Is in Siria, sta uccidendo turcomanni e siriani a Latakia". Lo stesso presidente turco ha assicurato che Ankara compra gas e petrolio solo da fonti conosciute e pertanto chi la accusa di finanziare in questo modo gruppi jihadisti ne deve "fornire le prove".

Erdogan ha poi inaspito i toni in un colloquio con la Cnn: "Penso che se c'è una parte che deve scusarsi, non siamo noi. Deve scusarsi chi ha violato il nostro spazio aereo. I nostri piloti e le forze armate hanno semplicemente fatto il loro dovere". E in una successiva intervista a France 24, ha affermato che  "la Turchia avrebbe reagito diversamente se avesse saputo che l'aereo era russo", mettendo in evidenza il fatto che Putin non gli ha risposto al telefono dopo l'abbattimento del jet.

Altrettanto esplicita la reazione del ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu: "Non abbiamo bisogno di scusarci dal momento che siamo nel giusto. Ma abbiamo detto nella telefonata di ieri che siamo spiaciuti".

Rapporti bilaterali a rischio. Resta dunque teso il clima tra Russia e Turchia dopo l'abbattimento del caccia Su-24 di Mosca da parte di Ankara. Il ministero della Difesa russo ha annunciato la sospensione di ogni forma di cooperazione militare con la Turchia. Secondo l'agenzia Tass, è stata annunciata anche la sospensione dello scambio di informazioni per evitare incidenti aerei in Siria.

E' ancora in forse il vertice di cooperazione economica ed energetica russo-turco, previsto per metà dicembre a San Pietroburgo: secondo il giornale Kommersant, che cita una fonte vicina al Cremlino, la Russia avrebbe deciso di annullarlo. Ma il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, ha invece affermato che l'incontro non è stato ufficialmente cancellato "ma certamente un sacco di domande sull'organizzazione di questo evento sono nell'aria" e "la situazione non è stata ancora chiarita". Subito dopo l'incidente avvenuto martedì, il ministro degli Esteri Serghei Lavrov aveva annullato la sua visita a Istanbul che avrebbe dovuto preparare il terreno al vertice dove era atteso lo stesso Erdogan.

Le autorità di Ankara hanno convocato l'ambasciatore russo per denunciare le violenze, con lanci di pietre e uova, che hanno avuto come obiettivo l'ambasciata turca a mosca e il consolato a San Pietroburgo.

Misure economiche e stop ai voli. Oltre che sul fronte diplomatico, la tensione tra i due Paesi sta portando conseguenze anche sul piano economico. Il primo ministro russo Dmitry Medvedev ha infatti anticipato il possibile congelamento o taglio di alcuni progetti di investimento con Ankara così come l'introduzione di un pacchetto di misure economiche che potrebbero includere limiti all'impiego di turchi in Russia.

A rendere più pensante il clima arriva anche la notizia che la Russia è pronta a sospendere i voli da e per la Turchia nell'ambito delle misure restrittive contro Ankara che Mosca sta preparando dopo l'abbattimento del jet militare russo. L'annuncio è arrivato dal  ministro dello Sviluppo economico russo, Alexiei Uliukaiev, che ha precisato che un eventuale 'stop' interesserebbe sia i voli di linea che quelli charter e che "il ministero dei Trasporti preparerà le relative proposte". Secondo Mosca,  la Turchia perderà circa dieci miliardi
di dollari con la cessazione degli scambi turistici con la Russia.

50 turchi fermati. A testimonianza delle tensione tra i due Paesi, un gruppo di circa 50 imprenditori turchi è stato fermato dalle autorità russe a Krasnodar, nella Russia meridionale, con l'accusa di aver mentito sul motivo del loro ingresso nel Paese.  La comitiva sarebbe stata fermata ieri per poi comparire stamani davanti a un giudice, che li avrebbe condannati a dieci giorni di detenzione (ma dovrebbero in realtà essere espulsi) e una multa di 4 mila rubli (poco meno di 60 euro). In base alle accuse i cittadini turchi hanno dichiarato di essere in Russia per turismo e non per partecipare a una fiera agricola, come avrebbero invece fatto.

"Russi, lasciate la Turchia". Il ministero degli Esteri russo ha inoltre raccomandato ai propri connazionali di non visitare la Turchia e a quelli che si trovano attualmente in quel Paese di rimpatriare a causa della minaccia terroristica.

Nonostante la difficoltà di dialogo tra i due Paesi, il ministro per gli Affari Europei di Ankara, Volkan Bozkir, ha però ribadito oggi che la Turchia e la Russia "non possono permettersi il lusso di relazioni ostili".

Giornalisti arrestati. Sono stati arrestati oggi Can Dundar, direttore del quotidiano di opposizione laica Cumhuriyet, e Erdem Gul, a capo della redazione di Ankara, per un'inchiesta in cui il giornale rivelò un presunto passaggio di camion carichi di armi dalla Turchia alla Siria. "Siamo stati accusati di 'spionaggio'. Il presidente ha detto che (la nostra azione è, ndr) 'tradimento'. Noi non siamo traditori, spie o eroi. Siamo giornalisti. Quello che abbiamo fatto è stata un'attività giornalistica", ha dichiarato Dundar.

Usa criticano Mosca. Critiche a Mosca arrivano invece dagli Stati Uniti. Secondo l'ambasciata Usa in Russia, lo schieramento dei sistemi di difesa anti missilistica S-400 alla base militare russa a Latakia, già operativo, non fa che complicare la situazione e non favorisce la lotta All'Is. La stessa ambasciata, secondo quanto riferisce Interfax, si augura che gli S-400 non siano rivolti contro gli aerei della coalizione a guida Usa. 

mercoledì 25 novembre 2015

A pensar male...gli affari di Ankara



"Ankara e quegli affari con il petrolio dell'Isis": Tutto quello che c'è (veramente) dietro allo scontro Turchia - Russia
Posted by Il Fatto Quotidiano on Mercoledì 25 novembre 2015


Siria, Turchia abbatte caccia russo: tre giorni prima Mosca aveva bombardato il petrolio di Isis. Con cui “Ankara fa affari

Siria, Turchia abbatte caccia russo: tre giorni prima Mosca aveva bombardato il petrolio di Isis. Con cui “Ankara fa affari”
Mondo

Il 20 novembre il Cremlino ha comunicato di aver distrutto raffinerie nella principale zona di produzione dello Stato Islamico, Deir Ezzor. Un colpo per chi fa affari con i jihadisti: secondo Gürsel Tekin, vicepresidente del principale partito d’opposizione (il Chp), tra questi ci sarebbe anche l'azienda di trasporti Bmz Ltd., che appartiene a Bilal Erdogan, figlio del presidente. In ogni caso, secondo molti analisti, "la porta principale di questo mercato nero è la Turchia"


L’abbattimento del jet russo nei cieli di Latakia da parte della Turchia giunge dopo un fatto cui è stato dato poco rilievo dai media occidentali. Il durissimo colpo inferto negli ultimi giorni dalla Russia al business petrolifero dell’Isis. Il 20 novembre il ministro della Difesa russo, generale Sergey Shoygu ha comunicato a Vladimir Putin che i massicci bombardamenti aero-navali russi dei quattro giorni precedenti avevano distrutto non solo centinaia di autocisterne del Califfato piene di petrolio, ma anche una quindicina di depositi di stoccaggio e di raffinerie nella principale zona di produzione petrolifera dell’Isis, Deir Ezzor, “privando così i terroristi di 1,5 milioni di dollari di incassi quotidiani”. Altri impianti petroliferi e altre centinaia di autobotti sono stati colpiti anche nei giorni successivi.
 Uno shock senza precedenti per le finanze dello Stato Islamico, ma anche per quelle dei trafficanti che con questo commercio illegale stanno guadagnando enormi somme di denaro. Tra queste, stando alle dichiarazioni di Gürsel Tekin vicepresidente del principale partito d’opposizione turco (il Chp), ci sarebbe anche la compagnia turca di trasporti marittimi Bmz Ltd., che caricherebbe il petrolio dell’Isis sulle sue navi cisterna al porto di Ceyan e le trasporterebbe in Giappone. Proprietario della compagnia è Bilal Erdogan, figlio del presidente turco Recep Tayyip Erdogan.
A prescindere dal presunto coinvolgimento diretto della famiglia di Erdogan, è un dato assodato che – come spiegavano l’anno scorso diversi esperti al New York Times – “la porta principale di questo mercato nero è la Turchia” (Luay al-Khatteeb, Brookings Doha Center), e “le autorità turche chiudono un occhio perché molti, anche nel governo, traggono beneficio da questo traffico” (James Phillips, Heritage Foundation).
Quest’estate una fonte dell’intelligence britannica ha dichiarato al Guardian che le centinaia di documenti rinvenuti nel compound di Abu Sayyaf, il ‘ministro del petrolio’ del Califfato ucciso a maggio dalle forze speciali americane a Deir Ezzor, dimostrano “gli innegabili rapporti diretti di affari tra capi dell’Isis e ufficiali turchi” e “relazioni così evidenti da poter causare gravi ripercussioni nei nostri rapporti con Ankara”.

“Lo sforzo di sconfiggere lo Stato Islamico è messo a rischio dal fatto di avere uno dei principali alleati della Nato che non non vuole o non è in grado di tagliare il flusso di fondi, combattenti e sostegno all’Isis”, spiegava sempre al New York Times Juan Zarate, del Center for Strategic and International Studies. Oltre a non aver mai contrastato il flusso di petrolio in uscita dal confine siriano, infatti, la Turchia non ha mai ostacolato il libero ingresso in Siria di armi e combattenti.
Emblematica la vicenda dei camion carichi di armi scortati da agenti del Mit (i servizi segreti turchi) fermati dalla polizia al confine nel gennaio 2014, ma lasciati proseguire in seguito all’intervento del governo. I poliziotti coinvolti nell’ispezione sono poi stati accusati di spionaggio e sovversione. La magistratura locale ha poi confermato il traffico di armi verso l’Isis gestito dal Mit, armi provenienti dall’Arabia Saudita.
Riportando la testimonianza di un ex membro dello Stato Islamico e del portavoce delle forze curdo-siriane dell’Ypg, anche il settimanale Newsweek ha parlato della stretta cooperazione tra Isis e forze armate turche e di come il Califfato consideri la Turchia una sua alleata. “I comandanti dell’Isis ci dicevano di non temere nulla quando andavamo in Turchia perché con i turchi c’è piena cooperazione”, spiega l’ex combattente. “La Turchia dà armi, munizioni e libero transito ai terroristi dell’Isis”, aggiunge l’esponente curdo.
Lo studio “Isis-Turkey Links” realizzato dalla Columbia University di New York e coordinato da David Phillips, ex consigliere del Dipartimento di Stato, riporta una lunga lista di autorevoli fonti documentali e giornalistiche riguardanti il sostegno militare, logistico, finanziario e perfino medico che il governo di Ankara, mambo della Nato, fornirebbe allo Stato Islamico. Un Paese, la Turchia, che al di là delle dichiarazioni anti-terrorismo ha condotto contro l’Isis solo una manciata di azioni dimostrative lo scorso luglio, per poi concentrare tutti i suoi sforzi militari contro i curdi impegnati a combattere il Califfato. E che ora prende di mira i russi.

martedì 24 novembre 2015

Joe Biden dice la verità sull’ISIS. Senza volere. (di Maurizio Blondet)





Joe Biden, il vicepresidente degli Stati Uniti affiancato ad Obama, non passerà alla storia come il più acuto degli...
Posted by Maurizio Blondet on Lunedì 23 novembre 2015

Joe Biden, il vicepresidente degli Stati Uniti affiancato ad Obama, non passerà alla storia come il più acuto degli statisti. Anzi non passerebbe alla storia per niente, se non fosse per una qualità: è un gaffeur naturale di impareggiabile scemenza. E in quella attività di gaffeur, dice senza volerlo cose vere che il suo governo – e il potere americano – cerca di nascondere. Come la clamorosa verità su chi arma l’ISIS (“i nostri alleati”) e perché gli Usa sono contenti che l’ISIS sia armato per rovesciare Assad. Biden parlava il 16 novembre scorso agli studenti di Harvard al John F. Kennedy Jr Forum Institute of Politics.


Joe Biden visto da Russia Insider
Joe Biden visto da Russia Insider
Gli domandano: “Col senno di poi, lei crede che gli Stati Uniti avrebbero dovuto agire prima in Siria? E se no, adesso è il momento giusto?”
Il gaffeur risponde: “La risposta è ‘no’ per due ragioni. Una, l’idea di identificare un centro moderato (in Siria, ndr.) è una ricerca in cui l’America s’è impegnata per molto tempo. Noi americani crediamo che in ogni paese in transizione ci sia un Thomas Jefferson dietro ogni roccia, o un James Madison dietro ogni duna, eh eh (ridacchia). Il fatto è che in Siria non c’era un centro moderato perché il centro moderato lo formano dei bottegai, non dei soldati – classe media (…)
Ciò di cui mi sono sempre lamentato è che il nostro maggior problema sono i nostri alleati – I nostri alleati nella regione sono il nostro problema in Siria. I Turchi sono grandi amici, ho la più cordiale relazione con Erdogan, ho passato molto tempo con lui – e i sauditi, gli emirati, eccetera. Cosa hanno fatto questi? Determinatissimi a buttar giù Assad e – essenzialmente – a farsi una guerra sunniti-sciiti, sicché che hanno fatto? Hanno versato centinaia di milioni di dollari, e decine, migliaia di tonnellate di armi a chiunque volesse combattere contro Assad; e la gente che fu rifornita erano Al Nusra, Al Qaeda, gli elementi estremisti provenienti da altre parti del mondo. Pensi che esageri? Guardate un po’…(…)
Di colpo ognuno si sveglia perché questo gruppo chiamato ISIL, che poi era Al Qaeda in Irak, che quando fu cacciata dall’Irak ha trovato spazio aperto e territorio in Siria, lavora con Al Nusra, che era già stato dichiarato un un gruppo terrorista – e noi non siamo riusciti a convincere i nostri partners a smettere di rifornirli. Ora tutti hanno visto la luce, di colpo – e criticano il Presidente. Ma il presidente è stato capace di mettere insieme una coalizione coi nostri partner sunniti, perché l’America non può andare di nuovo (ad invadere) una nazione musulmana ed essere vista come aggressore – deve essere di sunniti – sunniti che attaccano una organizzazione sunnita. 

https://www.youtube.com/watch?v=UrXkm4FImvc&feature=youtu.be&t=1h31m57s
Insomma, in poche parole, Joe Biden ammette quel che ufficialmente gli Usa negano:
– Che “gli alleati” sono quelli che armano Daesh, e li nomina: Erdogan, Sauditi, Emirati.
– Che non c’è in Siria alcuna opposizione “moderata” – e lo dice due settimane dopo che il Congresso, su indicazione di Obama, ha stanziato mezzo miliardo di dollari per “armare ed addestrare” i ribelli moderati” in Siria.
– Che gli Usa in Siria non possono intervenire perché non possono più essere visti come aggressori di un altro paese musulmano. Debbono dunque affidarsi ai partners, ai wahabiti e a Erdogan. Che è probabilmente il motivo per cui Obama non volle partecipare nel 2012 all’aggressione anti-Assad in cui francesi, turchi e sauditi erano già pronti. 
 
Poche ore dopo queste incaute ammissioni, gli uffici del vicepresidente Biden hanno dovuto emanare un comunicato in cui il gaffeur “si scusa per ogni allusione che la Turchia ed altri alleati e partners nella regione abbiano rifornito intenzionalmente, o facilitato la crescita di ISIL, o IS, o altri estremisti violenti in Siria”.
Ovviamente Biden non s’è lasciato sfuggire “tutta” la verità – sarebbe troppo pretenderlo dal reime della menzogna. Non ha spiegato agli studenti quel che sappiamo del Telegraph britannico (non un sito complottista), ossia che la CIA è stato il maggior responsabile di un ragguardevole trasferimento clandestino delle armi saccheggiate dagli arsenali di Gheddafi in Libia ai terroristi anti-Assad, l’operazione in cui fu ucciso l’ambasciatore Usa Chris Stevens e in cui fu implicata la Clinton, allora segretaria di Stato, che si dimise proprio per quello. Nè che la CIA ha organizzato un trasporto di armi dalla Croazia ai tagliagole siriani nel 2012, armi pagate dall’Arabia Saudita, con un ponte aereo.
http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/africaandindianocean/libya/10218288/CIA-running-arms-smuggling-team-in-Benghazi-when-consulate-was-attacked.html

http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/middleeast/syria/9918785/US-and-Europe-in-major-airlift-of-arms-to-Syrian-rebels-through-Zagreb.html



I profitti del Califfo
I profitti del Califfo
Nè ha detto che le 24 banche che sono attualmente nel territorio occupato da Daesh e attraverso le quali il Califfato ricicla i suoi profitti criminali, specie ma non solo da petrolio, continuano ad operare sui mercati internazionali perché non è stata esclusa dal sistema SWIFT, da cui invece fu esclusa la banca vaticana per far sloggiare lo sgradito papa Ratzinger. Forse Bruxelles, risparmiandoci le scenografiche “cacce all’uomo in città”, potrebbe più decisamente contribuire all’azzeramento del terrore ordinano a Swift di bloccare i conti delle 24 banche. 

Sarebbe poco faticoso, perché la sede di SWIFT è a Bruxelles.


La via delle autobotti
La via delle autobotti

Una totale menzogna” è stata la supposta guerra della coalizione occidentale anti ISIS – così ha dichiarato Vladimir Putin dalla sala operativa del Ministero della Difesa russo, in un comunicato in cui ha anche dichiarato l’ISIS “sull’orlo della disfatta totale” dopo che le forze aeree russe hanno distrutto nelle ultime 48 ore 472 bersagli terroristi, obliterato mille autobotti negli ultimi 5 giorni, e ridotto le forze militari dei tagliagole a sole 34 basi operative. Se si pensa che l’operazione russa non ha nemmeno due mesi, e che l’Occidente ha “bombardato l’ISIS” da due anni, la menzogna è evidente.
http://www.express.co.uk/news/world/621324/Vladimir-Putin-Islamic-State-ISIS-Syria
Un’altra cruda verità, invece, è stata diramata dal comandante della portaerei USS Truman e della sua squadra d’appoggio, capitano Ryan Scholl, che si sta precipitando sulla scena, e conduce esercitazioni coi piloti di bordo:
L’ISIS non è la sola sfida che attende la squadra. Russi, Cinesi (1), e marines iraniani hanno stabilito la loro presenza in Siria , e navi da guerra russe dal Mar Nero si sono riposizionate nel Mediterraneo orientale per proteggere i caccia che conducono attacchi aerei in supporto del regime di Assad. In preparazione, l’esercitazione Composite Training Unit si concentra su avversari che somigliano più da vicino a quelli della Guerra Fredda”. Sembra una minaccia non proprio diretta contro l’ISIS.


AL Nusra è stata fornita di anticarro TOW americani
AL Nusra è stata fornita di anticarro TOW americani
Secondo il Jerusalem Post, truppe russe avrebbero cominciato ad operare sul terreno in Siria.
Note
1) Secondo notizie non confermate, ci sarebbero “boots on the ground” cinesi – tre mila Marines di Pechino – operanti in Siria. 

Onda senza fine


Guerra simmetrica



ATTENTATI PARIGI“Contro Isis è in corso una guerra simmetrica. Ma il Califfo sottovaluta la forza di Europa-Usa”. L'analisi del generale Fabio MiniLEGGI: http://bit.ly/1I5SCwi
Posted by Il Fatto Quotidiano on Lunedì 23 novembre 2015

lunedì 23 novembre 2015

Ed intanto una domenica pomeriggio....





 
DECRETO SALVA BANCHEIl giorno dopo il via libera del governo. Per guidare le nuove 4 banche, Bankitalia sceglie la ex...
Posted by Il Fatto Quotidiano on Lunedì 23 novembre 2015

Il Consiglio dei Ministri si è riunito di domenica per salvare 4 banche... ma il ministro Boschi non c'era...era ad inaugurare la Torre Isozaki a Milano...d'altronde una delle banche salvate è Banca Etruria...

Pare siano state azzerate, oltre alle azioni, anche le obbligazioni subordinate...Il valore dei titoli, detenuti da 15mila risparmiatori, ammonta a circa 788 milioni di Euro...prove di bail in?

  Ed il maggiore sindacato dei bancari approva....

Leggiamo su Repubblica.it

Salva banche, arrivano i nuovi manager. La Cdp garantisce il finanziamento

Cassa di Ferrara, Banca Marche, Banca Etruria e Carichieti riaprono in versione "Nuova" dopo il decreto di salvataggio del Consiglio dei ministri. Nuova linea di comando, Nicastro alla presidenza. L'Abi: "Da noi grandi sforzi". Un ruolo alla Cdp: garantisce il rimborso alle banche. Da Intesa, Ubi e Unicredit finanziamenti da 1,3 miliardi a testa





MILANO - Parte una "nuova" stagione, con un nuovo management, per le quattro banche salvate dal Fondo di risoluzione italiano con un'operazione senza precedenti architettata da Bankitalia e Mef, con il placet della Commissione Ue. Oggi la Cassa di Ferrara, Banca Marche, Banca Etruria e Carichieti hanno riaperto anteponendo al loro vecchio nome l'appellativo di "Nuova", a seguito di un intervento da 3,6 miliardi deliberata dal Cdm di domenica pomeriggio, cui si sommano 400 milioni di ulteriori garanzie. Intesa Sanpaolo, Unicredit e Ubi sono il pool dei tre maggiori istituti che ha garantito la linea di liquidità immediatamente necessaria per avviare il salvataggio (da 1,65 miliardi totali), che viene remunerata "a tassi di mercato" e ha scadenza massima di un anno e mezzo. Su questa linea, emerge dal comunicato di Intesa, c'è un ruolo per Cassa Depositi e Prestiti: ha assunto un impegno di sostegno finanziario in caso di incapienza del Fondo alla data di scadenza del finanziamento. A questa, si somma un altro finanziamento da 2,35 miliardi che verrà rimborsato entro fine anno dal sistema bancario pro quota.

Il comitato di presidenza dell'Abi, al termine di una riunione straordinaria, ha sottolinea "i grandi e assai onerosi sforzi che le banche in Italia assumono ulteriormente per salvare le quattro banche" e sprona le autorità italiane ad andare avanti nel completamento dell'armonizzazione delle norme per la piena concorrenza bancaria in Europa "senza privilegi o discriminazioni per alcune". "Ogni banca farà la sua parte nella misura in cui verrà richiesta dalla legge", ha detto invece il presidente del Consiglio di sorveglianza di Bpm, Piero Giarda. "La solidarietà implica a volte di rinunciare a una parte del proprio potere d'acquisto a favore di iniziative che sono necessarie. Poi se si faccia volentieri o malvolentieri è un'altra cosa".

L'operazione varata ieri dal Cdm, come ha rivendicato Palazzo Chigi, non ricorre "a soldi pubblici o obbligazioni e depositi", che sarebbero coinvolti dal 1° gennaio prossimo con il pieno dispiegamento della direttiva Ue sul 'bail-in', il salvataggio dall'interno delle banche. In questi quattro casi, infatti, a subire le perdite sono gli azionisti e gli obbligazionisti subordinati, con l'azzeramento del capitale eroso dalle perdite di bilancio e dalla svalutazione delle sofferenze (nella bad bank ne confluiranno 8,5 miliardi, ma svalutate fino a 1,5 miliardi): circa 700 milioni. La restante liquidità, come visto, arriva dal sistema bancario e in minima parte in forma di aiuti di Stato prevista una revisione della disciplina fiscale per le "nuove" banche risanate.

L'operazione, in sintesi, prevede la creazione di una banca 'cattiva', una 'bad bank', che ha accolto la parte in difficoltà delle quattro vecchie banche: i crediti in sofferenza hanno subito una massiccia svalutazione da 8,5 a 1,5 miliardi di euro in modo da agevolarne presto la vendita sul mercato, come ha specificato Bankitalia. I crediti "saranno venduti a specialisti nel recupero crediti o gestiti direttamente per recuperarli al meglio". La parte "sana" delle banche è finita invece nelle banche 'ponte', che sfruttano le risorse fornite dal Fondo di risoluzione: 1,7 miliardi per coprire le perdite (recuperabili in piccola parte), 1,8 per la ricapitalizzazione (da recuperare vendendo le nuove banche) e 140 milioni per l'operatività della bad bank, che però non ha la licenza bancaria. I fondi vengono reperiti dal sistema bancario, che in cambio riceve agevolazioni fiscale sulle imposte differite. Le quattro entità rinnovate, senza discontinuità operativa con i vecchi sportelli, hanno tutte alla presidenza l'ex dg di Unicredit, Roberto Nicastro. Dai comunicati di Bankitalia emerge la prima fila di manager: in Banca Etruria con Nicastro c'è Roberto Bertola, a Chieti Salvatore Immordino, a Ferrara Giovanni Capitanio e nelle Marche Luciano Goffi.

Quanto al coinvolgimento delle banche, le tre istituzioni finanzieranno il Fondo di risoluzione con 1,3 miliardi circa a testa. Il primo dettaglio è arrivato da Intesa Sanpaolo, che erogherà a favore del Fondo di risoluzione un finanziamento da circa 780 milioni di euro, corrispondente alla quota di pertinenza di un finanziamento complessivo di 2.350 milioni di euro, che verrà rimborsato a dicembre 2015 con i contributi che saranno stati versati al Fondo dal sistema bancario italiano da tutte le banche (che comprendono i 500 milioni a valere su quest'anno più l'anticipo delle successive quattro annualità). Al Fondo di risoluzione verrà concesso un secondo finanziamento da 550 milioni, pari alla quota di pertinenza di un finanziamento da 1.650 milioni, con scadenza a 18 mesi meno un giorno, sul quale come accennato "la Cassa Depositi e Prestiti ha assunto un impegno di sostegno finanziario in caso di incapienza del Fondo". Anche il numero uno di Ubi, Victor Massiah, ha precisato che l'impegno delle tre in termini di affidamenti al Fondo di risoluzione è il medesimo ed è pari a 1,3 miliardi di euro ciascuna. Quanto agli oneri del salvataggio, per Intesa includono un contributo straordinario al Fondo pari a circa 380 milioni di euro ante imposte, che impatteranno sul conto economico del quarto trimestre, in aggiunta ai circa 95 milioni relativi al contributo ordinario per il 2015 già spesati nel primo semestre dell'anno. A Unicredit, secondo quanto riporta l'Ansa, l'intervento comporterà oneri di poco superiori: al fondo di risoluzione il gruppo ha già versato 90 milioni nel 2015, cui si andranno ad aggiungere 300 milioni pre-tasse come impatto dei versamenti ordinari e straordinari che vengono richiesti dal fondo.


Da Repubblica.it

Una breve lista di cose da sapere, se si vuole per forza di cose iniziare una conversazione su Isis e Islam





Da Emiliano Rubbi:
"Una breve lista di cose da sapere, se si vuole per forza di cose iniziare una conversazione su Isis e Islam

  1. "Isis" non è un paese arabo.
  2. il 95% dei morti per mano del terrorismo islamico dell'Isis sono musulmani.
  3. Quelli che scappano, quelli che arrivano sui barconi, cercano di sfuggire a una realtà dove stragi come quella di Parigi sono quasi la realtà quotidiana.
  4. L'Islam è diviso tra sciiti e sunniti e i sunniti tra salafiti e wahabiti (ecc). La guerra attuale è, prima di tutto, una guerra in seno all'Islam.
  5. Noi occidentali, attualmente, abbiamo come alleati molti stati arabi che supportano l'Isis (Arabia Saudita, Emirati ecc.). E siamo nemici di paesi che ci combattono contro, come la Siria.
  6. L'esercito dell'Isis (si stima di circa 50.000 uomini) è composto in gran parte da mercenari. Pagati da paesi formalmente nostri alleati, oppure dai fondi derivati dalla vendita del petrolio da parte dell'Isis stessa a paesi occidentali.
  7. I Musulmani, nel mondo, sono più di un miliardo e mezzo. E la maggior parte di loro è vittima quanto, se non più di noi, dell'estremismo.
  8. Gli interessi in ballo sono economici. Si tratta di controllo territoriale e strategico delle risorse petrolifere.
  9. La religione è una scusa per coinvolgere l'emozione delle masse, come sempre succede con le religioni. Ma, come si diceva sopra, le masse coinvolte da questioni religiose, attualmente, sono minime. Si tratta di una frazione infinitesimale, rispetto alla totalità del mondo islamico.
  10. Chi ha interesse a fomentare, adesso, la percezione di una guerra di religioni o di uno "scontro tra culture" (noi contro l'Islam) è il primo dei terroristi. Si tratta di sciacalli senza scrupoli che sperano di ottenere più voti, trovando un nemico comune nell'Islam e aizzando l'opinione pubblica contro quei popoli che sono le vittime principali di tutto quello che sta succedendo. 
Partiamo da questo e poi, se volete, parliamo." 



Da Emiliano Rubbi:"Una breve lista di cose da sapere, se si vuole per forza di cose iniziare una conversazione su Isis...
Posted by Piero Pierotti on Sabato 21 novembre 2015

sabato 21 novembre 2015

Il Monologo di Maurizio Crozza sugli attentati di Parigi



Tutta la puntata il seguito al min 20,35...



Bel momento televisivo ma con qualche imprecisione spiegata qui... comuque grandissimo Crozza.

Non vogliamo tornare indietro.


Piccolo estratto del "Buongiorno" di Gramellini, oggi su La Stampa:
 
Il mondo a cui noi occidentali apparteniamo fin dalla nascita è il risultato di un percorso lungo e faticoso.

Ci sono voluti secoli di scontri non solo dialettici per approdare a una società capace di separare la sfera statale da quella religiosa e di mettere la Costituzione davanti alla Bibbia.

Non vogliamo tornare indietro.

Chi viene a vivere qui è bene accetto, ma a sua volta deve accettare le regole di convivenza che ci siamo conquistati e che riguardano il diritto di divertirci come ci pare e di rispettare le donne e gli omosessuali.

Nessuno pretende che i nuovi arrivati brucino le tappe (del resto anche tra i parlamentari indigeni c’è chi non ha ancora assimilato certi principi).

Però sarebbe un primo passo in avanti straordinario se oggi in piazza, oltre a prendere le distanze dall’Isis, i musulmani prendessero esempio dall’elettrotecnico francese di religione islamica Bassem Breiki, che in un video ha detto chiaro e tondo come la Costituzione della Repubblica debba sempre venire prima del Corano, ottenendo quattro milioni di visualizzazioni in poche ore.

martedì 17 novembre 2015

Non avrete il mio odio - “Vous n’aurez pas ma haine”




“Vous n’aurez pas ma haine” Vendredi soir vous avez volé la vie d’un être d’exception, l’amour de ma vie, la mère de...
Posted by Antoine Leiris on Lunedì 16 novembre 2015


Straziante... ecco la traduzione di Gramellini nel suo "Buongiorno" di oggi:


Se ciò che chiamiamo Occidente ha un senso, questo senso palpita nelle parole con cui il signor Antoine Leiris si è rivolto su Facebook ai terroristi che al Bataclan hanno ucciso sua moglie.  
 
«Venerdì sera avete rubato la vita di una persona eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio neanche saperlo. Voi siete anime morte. Se questo Dio per il quale ciecamente uccidete ci ha fatti a sua immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore. Perciò non vi farò il regalo di odiarvi. Sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete. Voi vorreste che io avessi paura, che guardassi i miei concittadini con diffidenza, che sacrificassi la mia libertà per la sicurezza. Ma la vostra è una battaglia persa.  
L’ho vista stamattina. Finalmente, dopo notti e giorni d’attesa. Era bella come quando è uscita venerdì sera, bella come quando mi innamorai perdutamente di lei più di 12 anni fa. Ovviamente sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di corta durata. So che lei accompagnerà i nostri giorni e che ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere nel quale voi non entrerete mai. Siamo rimasti in due, mio figlio e io, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno e poi giocheremo insieme, come ogni giorno, e per tutta la sua vita questo petit garçon vi farà l’affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete mai nemmeno il suo odio».

lunedì 16 novembre 2015

Francia: almeno smettiamola con le chiacchiere (Famiglia Cristiana)

Da anni, ormai, si sa che cosa bisogna fare per fermare l'Isis e i suoi complici. Ma non abbiamo fatto nulla, e sono arrivate, oltre alle stragi in Siria e Iraq, anche quelle dell'aereo russo, del mercato di Beirut e di Parigi. La nostra specialità: pontificare sui giornali.

Foto Reuters

E’ inevitabile, ma non per questo meno insopportabile, che dopo tragedie come quella di Parigi si sollevi una nuvola di facili sentenze destinate, in genere, a essere smentite dopo pochi giorni, se non ore, e utili soprattutto a confondere le idee ai lettori. E’ la nebbia di cui approfittano i politicanti da quattro soldi, i loro fiancheggiatori nei giornali, gli sciocchi che intasano i social network. Con i corpi dei morti ancora caldi, tutti sanno già tutto: anche se gli stessi inquirenti francesi ancora non si pronunciano, visto che l’unico dei terroristi finora identificato, Omar Ismail Mostefai, 29 anni, francese, è stato “riconosciuto” dall’impronta presa da un dito, l’unica parte del corpo rimasta intatta dopo l’esplosione della cintura da kamikaze che indossava.

Ancor meno sopportabile è il balbettamento ideologico sui colpevoli, i provvedimenti da prendere, il dovere di reagire. Non a caso risuscitano in queste ore le pagliacciate ideologiche della Fallaci, grande sostenitrice (come tutti quelli che ora la recuperano) delle guerre di George W. Bush, ormai riconosciute anche dagli americani per quello che in realtà furono: un cumulo di menzogne e di inefficienze che servì da innesco a molti degli attuali orrori del Medio Oriente.

Mentre gli intellettuali balbettano sui giornali e in Tv, la realtà fa il suo corso. Dell’Isis e delle sue efferatezze sappiamo tutto da anni, non c’è nulla da scoprire. E’ un movimento terroristico che ha sfruttato le repressioni del dittatore siriano Bashar al Assad per presentarsi sulla scena: armato, finanziato e organizzato dalle monarchie del Golfo (prima fra tutte l’Arabia Saudita) con la compiacenza degli Stati Uniti e la colpevole indifferenza dell’Europa.

Quando l’Isis si è allargato troppo, i suoi mallevadori l’hanno richiamato all’ordine e hanno organizzato la coalizione americo-saudita che, con i bombardamenti, gli ha messo dei paletti: non più in là di tanto in Iraq, mano libera in Siria per far cadere Assad. Il tutto mentre da ogni parte, in Medio Oriente, si levava la richiesta di combatterlo seriamente, di eliminarlo, anche mandando truppe sul terreno. Innumerevoli in questo senso gli appelli dei vescovi e dei patriarchi cristiani, ormai chiamati a confrontarsi con la possibile estinzione delle loro comunità.

Abbiamo fatto qualcosa di tutto questo? No. La Nato, ovvero l’alleanza militare che rappresenta l’Occidente, si è mossa? Sì, ma al contrario. Ha assistito senza fiatare alle complicità con l’Isis della Turchia di Erdogan, ma si è indignata quando la Russia è intervenuta a bombardare i ribelli islamisti di Al Nusra e delle altre formazioni.

Nel frattempo l’Isis, grazie a Putin finalmente in difficoltà sul terreno, ha esportato il suo terrore. Ha abbattuto sul Sinai un aereo di turisti russi (224 morti, molti più di quelli di Parigi) ma a noi (che adesso diciamo che quelli di Parigi sono attacchi “conto l’umanità”) è importato poco. Ha rivendicato una strage in un mercato di Beirut, in Libano, e ce n’è importato ancor meno. E poi si è rivolto contro la Francia.

Abbiamo fatto qualcosa? No. Abbiamo provato a tagliare qualche canale tra l’Isis e i suoi padrini? No. Abbiamo provato a svuotare il Medio Oriente di un po’ di armi? No, al contrario l’abbiamo riempito, con l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti ai primi posti nell’importazione di armi, vendute (a loro e ad altri) dai cinque Paei che siedono nel Consiglio di Sicurezza (sicurezza?) dell’Onu: Usa, Francia, Gran Bretagna, Cina e Russia.

Solo l’altro giorno, il nostro premier Renzi (che come tutti ora parla di attacco all’umanità) era in Arabia Saudita a celebrare gli appalti raccolti presso il regime islamico più integralista, più legato all’Isis e più dedito al sostegno di tutte le forme di estremismo islamico del mondo. E nessuno, degli odierni balbettatori, ha speso una parola per ricordare (a Renzi come a tutti gli altri) che il denaro, a dispetto dei proverbi, qualche volta puzza.

Perché la verità è questa: se vogliamo eliminare l’Isis, sappiamo benissimo quello che bisogna fare e a chi bisogna rivolgersi. Facciamoci piuttosto la domanda: vogliamo davvero eliminare l’Isis? E’ la nostra priorità? Poi guardiamoci intorno e diamoci una risposta. Ma che sia sincera, per favore. Di chiacchiere e bugie non se ne può più.


sabato 14 novembre 2015

Henna (adesso basta sangue)


Adesso basta sangue
ma non vedi
Non stiamo nemmeno più in piedi...
un po' di pietà
Invece tu invece fumi con grande tranquillità
Così sta a me che debbo parlare fidarmi di te
Domani domani domani chi lo sa domani sarà
Oh oh chi non lo so quale Dio
ci sarà io parlo e parlo solo per me
Va bene io credo nell'amore
l'amore che si muove dal cuore
Che ti esce dalle mani
che cammina sotto i tuoi piedi
L'amore misterioso
anche dei cani e degli altri fratelli
Animali delle piante che sembra
che ti sorridono anche
quando ti chini per portarle via
L'amore silenzioso dei
pesci che ci aspettano nel mare
L'amore di chi ci ama e non ci vuol lasciare
Ok ok lo so che capisci ma sono
io che non capisco cosa dici
Troppo sangue qua e là sotto i cieli di lucide stelle
Nei silenzi dell'immensità
ma chissà se cambierà oh
non so se in questo futuro nero buio
Forse c'è qualcosa che ci cambierà
Io credo che il dolore è il dolore che ci cambierà
Oh ma oh il dolore che ci cambierà
E dopo chi lo sa se ancora
ci vedremo e dentro quale città
Brutta fredda buia stretta
o brutta come questa sotto un cielo senza pietà
Ma io ti cercherò anche da così lontano ti telefonerò
In una sera buia sporca fredda
Brutta come questa
Forse ti chiamerò perché vedi
Io credo che l'amore è l'amore che ci salverà
Vedi io credo che l'amore
è l'amore che ci salverà


 


Lucio Dalla 
Henna - 1993