lunedì 30 settembre 2013

Come allevare figli delinquenti


1) Dai a tuo figlio tutto ciò che chiede. Crederà di avere il diritto di ottenere tutto ciò che desidera.

2) Ridi quando tuo figlio dice parolacce. Così si convincerà di essere molto spiritoso e aumenterà la dose. Crescerà pensando che la mancanza di rispetto è un divertimento.

3) Non sgridare mai tuo figlio per il suo cattivo comportamento. Crescerà pensando che non esistono regole nella società.

4) Raccogli tutto quello che tuo figlio mette in disordine. Crescerà credendo che gli altri debbano farsi carico delle sue responsabilità.

5) Non dargli alcuna educazione spirituale, religiosa e sociale, almeno finché non sia grande e possa decidere da se, preoccupandovi solo di farlo crescere pasciuto e soddisfatto. (Con la stessa logica, non si dovrebbe insegnargli l’italiano: da grande preferirà parlare bantù. Ndr)

6) Evitare l’uso del termine “male”, con la paura di creargli complessi di colpa e scrupoli di coscienza; Così da grande quando sarà giustamente punito per le sue colpe, crederà che la società è contro di lui e che lo perseguita.

7) Dai a tuo figlio tutto il denaro che chiede. Crescerà pensando che ottenere denaro è facile e non esiterà a rubare o imbrogliare per averlo.

8) Permettigli di vedere qualsiasi programma alla tv. Crescerà credendo che non ci sono differenze tra essere bambino e essere adulto.

9) Mettiti sempre dalla sua parte contro i vicini, i maestri, la polizia. Crederà che ciò che fa va sempre bene, sono ”gli altri” che sbagliano.

10) Quando si mette in un guaio serio, scusatevi con voi stessi dicendo: “Non sono mai riuscito a farlo rigare dritto”.

Seguendo queste semplici regole avrete la garanzia di tirare su un figlio delinquente e terremo pronta una cella per lui.

Dal Web Focus in”Dipartimento di Polizia di Houston, Texas”

mercoledì 25 settembre 2013

'Dare è la migliore comunicazione'

domenica 22 settembre 2013

L'asino nel pozzo


Un giorno l'asino di un contadino cadde in un pozzo.

Non si era fatto male, ma non poteva più uscirne.
L'asino continuò a ragliare sonoramente per ore, mentre il proprietario pensava al da farsi.
Finalmente il contadino prese una decisione crudele: concluse che l'asino era ormai molto vecchio e che non serviva più a nulla, che il pozzo era ormai secco e che in qualche modo bisognava chiuderlo.

Non valeva pertanto la pena di sforzarsi per tirare fuori l'animale dal pozzo.
Al contrario chiamò i suoi vicini perché lo aiutassero a
seppellire vivo l'asino.
Ognuno di loro prese un badile e cominciò a buttare palate di terra dentro al pozzo.

L'asino non tardò a rendersi conto di quello che
stavano facendo con lui e pianse disperatamente.
Poi, con gran sorpresa di tutti, dopo un certo numero di palate di terra, l'asino rimase quieto. 

Il contadino alla fine guardò verso il fondo del pozzo e rimase sorpreso da quello che vide.
Ad ogni palata di terra che gli cadeva addosso, l'asino se ne liberava, scrollandosela dalla groppa, facendola cadere e salendoci sopra. 

In questo modo, in poco tempo, tutti videro come l'asino riuscì ad arrivare fino all'imboccatura del pozzo, oltrepassare il bordo e uscirne trottando.

La vita andrà a buttarti addosso molta terra, ogni tipo di terra.
Principalmente se sarai dentro un pozzo.
Il segreto per uscire dal pozzo consiste semplicemente nello scuotersi di dosso la terra che si riceve e nel salirci sopra.

Ricorda le cinque regole per essere felice:

1- Libera il tuo cuore dall'odio.

2- Libera la tua mente dalle preoccupazioni.

3- Semplifica la tua vita.

4- Da' di più e aspettati meno.

5- Ama di più e... accetta la terra che ti tirano addosso, poiché essa può costituire la soluzione e non il problema.

Dal WEB

Borboletas (Farfalle)

Quando depositamos muita confiança ou expectativas em uma pessoa, o risco de se decepcionar é grande.

As pessoas não estão neste mundo para satisfazer as nossas expectativas, assim como não estamos aqui, para satisfazer as dela.

Temos que nos bastar... nos bastar sempre, e quando procuramos estar com alguém, temos que nos conscientizar de que estamos juntos porque gostamos, porque queremos e nos sentimos bem, nunca por precisar de alguém.

As pessoas não se precisam, elas se completam... não por serem metades, mas por serem inteiras, dispostas a dividir objetivos comuns, alegrias e vida.

Com o tempo, você vai percebendo que para ser feliz com a outra pessoa, você precisa em primeiro lugar, não precisar dela.

Percebe também que aquela pessoa que você ama (ou acha que ama) e que não quer nada com você, definitivamente, não é o homem ou a mulher de sua vida.

Você aprende a gostar de você, a cuidar de você, e principalmente a gostar de quem gosta de você.
O segredo é não cuidar das borboletas e sim cuidar do jardim para que elas venham até você.

No final das contas, você vai achar não quem você estava procurando, mas quem estava procurando por você!

(Mário Quintana)




Quando poniamo molta fiducia o aspettative in una persona, il rischio di una delusione è grande.


Le persone non esistono in questo mondo per soddisfare le nostre aspettative così come noi non siamo qui per soddisfare le loro.

Dobbiamo bastare… dobbiamo bastare a noi stessi sempre e quando vogliamo stare con qualcuno dobbiamo essere consapevoli che stiamo insieme perché ci piace, lo vogliamo e stiamo bene, giammai perché abbiamo bisogno di qualcuno.

Una persona non ha bisogno dell’altra, esse si completano… non per essere due metà, ma per essere un intero, disposte a condividere obiettivi comuni, gioia e vita.

Nel corso del tempo, ti rendi conto che per essere felice con un’altra persona, è necessario, in primo luogo, che tu non abbia bisogno di questa persona.

Comprendi anche che la persona che ami (o pensi di amare) e che non vuole condividere niente con te, sicuramente, non è l’uomo o la donna della tua vita.

Impari a volerti bene, a prenderti cura di te stesso e principalmente a voler bene a chi ti vuole bene.

Il segreto non è prendersi cura delle farfalle, ma prendersi cura del giardino, affinché le farfalle vengano da te.

Alla fine troverai non chi stavi cercando, ma chi stava cercando te.


(traduzione dal portoghese di M. D'Agostino)

lunedì 16 settembre 2013

Preventivi...(the italian job)


Un sindaco chiede un preventivo per pitturare la facciata del municipio e gli arrivano tre offerte: quella di un tedesco per 3.000,00 Euro, quella di un francese per 6.000,00 e quella di un italiano per 9.000,00.

Davanti a tali differenze, convoca una riunione con i tre concorrenti affinché giustifichino i loro preventivi.

Il tedesco gli dice che vuole usare una vernice acrilica per esterni che costa 1.000,00 Euro e che vuole dare due mani, poi tra impalcature e pennelli si spendono altri 1.000,00 Euro ed il resto è il suo guadagno.

Il francese giustifica il suo preventivo dicendo che lui è il miglior pittore in circolazione, che usa vernice poliuretanica e che vuole dare tre mani.
La pittura viene quindi 3.000,00 Euro, tra impalcature e pennelli si spendono altri 2.000,00 Euro e gli altri 1.000,00 Euro sono il suo guadagno.

L'Italiano, che viene ascoltato solo per curiosità poiché il suo preventivo non è paragonabile agli altri, dice:

"sindaco, il mio è sicuramente il preventivo migliore: 3.000,00 Euro sono per te, 3.000,00 Euro sono per me e....3.000,00 Euro sono per il tedesco che pittura la facciata....."


Italians do it better... 

Primo giorno di scuola (bambini sul Panaro) 1959


Questa foto, famosa nel mondo, ci ricorda di quando fino a pochi anni fa i bambini di Guiglia erano costretti tutti i giorni ad attraversare il fiume Panaro appesi ad un cavo tramite delle semplici carrucole.

La foto, del 1959, evidenzia quanto il tempo abbia mutato profondamente la nostra capacità di ricordare il passato allontanandolo psicologicamente molto più del reale dai nostri giorni.

La voglio condividere oggi per ricordare ai nostri ragazzi, che stanno per iniziare le scuole, che la frequenza scolastica obbligatoria è una conquista recente e la più importante tra quelle fatte dalle democrazie moderne.

E per ricordare a loro che andare a scuola vale la pena di fare molti sacrifici e che alla fine del percorso il premio non è l' iPhone, la playstation o la bici a ruota fissa ... ma la libertà di poter pensare con la propria testa!


Trovata su FB sulla bacheca di Ermes Spadoni

venerdì 13 settembre 2013

E ti vengo a cercare


E ti vengo a cercare 
anche solo per vederti o parlare
perché ho bisogno della tua presenza
per capire meglio la mia essenza.


Questo sentimento popolare
nasce da meccaniche divine
un rapimento mistico e sensuale
mi imprigiona a te.

Dovrei cambiare l'oggetto dei miei desideri
non accontentarmi di piccole gioie quotidiane
fare come un eremita
che rinuncia a sé.

E ti vengo a cercare
con la scusa di doverti parlare
perché mi piace ciò che pensi e che dici
perché in te vedo le mie radici.

Questo secolo oramai alla fine
saturo di parassiti senza dignità
mi spinge solo ad essere migliore
con più volontà.


Emanciparmi dall'incubo delle passioni 
cercare l'Uno al di sopra del Bene e del Male
essere un'immagine divina
di questa realtà.


E ti vengo a cercare 
perché sto bene con te
perché ho bisogno della tua presenza...















giovedì 12 settembre 2013

Il costo di un miracolo


Questa è la storia vera di una bambina di otto anni che sapeva che l'amore può fare meraviglie.
Il suo fratellino era destinato a morire per un tumore al cervello.
I suoi genitori erano poveri, ma avevano fatto di tutto per salvarlo, spendendo tutti i loro risparmi.

Una sera, il papà disse alla mamma in lacrime: "Non ce la facciamo più, cara. Credo sia finita. Solo un miracolo potrebbe salvarlo".

La piccola, con il fiato sospeso, in un angolo della stanza aveva sentito.

Corse nella sua stanza, ruppe il salvadanaio e, senza far rumore, si diresse alla farmacia più vicina.

Attese pazientemente il suo turno. Si avvicinò al bancone, si alzò sulla punta dei piedi e, davanti al farmacista meravigliato, posò sul banco tutte le monete.
"Per che cos'è? Che cosa vuoi piccola?".
"È per il mio fratellino, signor farmacista. È molto malato e io sono venuta a comprare un miracolo".

"Che cosa dici?" borbottò il farmacista.

"Si chiama Andrew, e ha una cosa che gli cresce dentro la testa, e papà ha detto alla mamma che è finita, non c'è più niente da fare e che ci vorrebbe un miracolo per salvarlo.
 Vede, io voglio tanto bene al mio fratellino, per questo ho preso tutti i miei soldi e sono venuta a comperare un miracolo".

Il farmacista accennò un sorriso triste.

"Piccola mia, noi qui non vendiamo miracoli".

"Ma se non bastano questi soldi posso darmi da fare per trovarne ancora. Quanto costa un miracolo?"

C'era nella farmacia un uomo alto ed elegante, dall'aria molto seria, che sembrava interessato alla strana conversazione.

Il farmacista allargò le braccia mortificato.

La bambina, con le lacrime agli occhi, cominciò a recuperare le sue monetine.

L'uomo si avvicinò a lei.

"Perché piangi, piccola? Che cosa ti succede?"

"Il signor farmacista non vuole vendermi un miracolo e neanche sa dirmi quanto costa…. È per il mio fratellino Andrew che è molto malato. Mamma dice che ci vorrebbe un'operazione, ma papà dice che costa troppo e non possiamo pagare e che ci vorrebbe un miracolo per salvarlo. Per questo ho portato tutto quello che ho".

"Quanto hai?".
"Un dollaro e undici centesimi…. Ma, sapete…." Aggiunse con un filo di voce, "posso trovare ancora qualcosa….".
L'uomo sorrise "Guarda, non credo sia necessario. Un dollaro e undici centesimi è esattamente il prezzo di un miracolo per il tuo fratellino!".

Con una mano raccolse la piccola somma e con l'altra prese dolcemente la manina della bambina.

"Portami a casa tua, piccola. Voglio vedere il tuo fratellino e anche il tuo papà e la tua mamma e vedere con loro se possiamo trovare il piccolo miracolo di cui avete bisogno".

Il signore alto ed elegante e la bambina uscirono tenendosi per mano.

Quell'uomo era il professor Carlton Armstrong, uno dei più grandi neurochirurghi del mondo. Operò il piccolo Andrew, che poté tornare a casa qualche settimana dopo completamente guarito.

"Questa operazione" mormorò la mamma "è un vero miracolo. Mi chiedo quanto sia costata…".
La sorellina sorrise senza dire niente.

Lei sapeva quanto era costato il miracolo: 
un dollaro e undici centesimi…. più, naturalmente l'amore e la fede di una bambina.

Se aveste almeno una fede piccola come un granello di senape, potreste dire a questo monte: "Spostati da qui a là e il monte si sposterà". Niente sarà impossibile per voi (Vangelo di Matteo 17,20).


Dal Web...

Insegnamenti



  • "Prendi un piatto e tiralo per terra!" 
  • "Fatto!"
  • "Si è rotto?"
  • "Si" 
  • "Bene, ora chiedigli scusa..." 
  • "Scusa!" 
  • "È tornato come prima?" 
  • "No" 
  • "Ora capisci?" 

mercoledì 11 settembre 2013

Dottore, ho un problema...


Una donna, con in braccio un bimbo, arrivò disperata dal ginecologo dicendogli: “Dottore, Lei mi deve …aiutare, ho un problema molto, ma molto serio… Mio figlio ancora non ha completato un anno ed io sono di nuovo incinta, non voglio altri figli in un cosi breve spazio di tempo, ma con qualche anno di differenza.

Allora il medico domandò: “Bene, allora Lei cosa desidera che io faccia”?

La signora rispose: “Voglio interrompere questa gravidanza e conto sul suo aiuto”.

Il medico allora iniziò a pensare e dopo un lungo silenzio disse: “Penso che di aver trovato un metodo per risolvere il suo problema meno pericoloso per lei”.

La signora sorrise pensando che il medico avesse accettato la sua richiesta.

Il dottore continuò a parlare: “Allora cara signora, per risolvere il suo problema e per non stare con due neonati in un così breve lasso di tempo, uccidiamo questo che è fra le sue braccia, cosi lei potrà riposare per diversi mesi finché avrà l’altro.

Se dobbiamo uccidere, non fa differenza fra questo o quell'altro, anche perché sacrificare questo che lei ha tra le sue braccia è molto più facile, perché non ci sarà alcun rischio per lei”.

La donna terrorizzata disse: “Nooooooo dottore, uccidere un bambino è un reato, è un crimine”!!!

Il dottore rispose: “Anch'io la penso come lei, ma mi è sembrate così convinta che avevo pensato di aiutarla”.

La lezione del dottore aveva avuto effetto, la madre capì che non c’era la minima differenza fra il bimbo tenuto in braccio e quello dentro il suo ventre.

Il dottore sorrise e disse: “Ci vediamo fra una settimana per la prima ecografia e per sentire il cuoricino del fratellino”.


Trovata sul Web e modificata un pochino...

L’evoluzione della democrazia



Ferdinando Boero per Internazionale


Ci sono due modi principali per descrivere gli schemi evolutivi. Il gradualismo darwininano prevede che gli organismi cambino gradualmente, generazione dopo generazione, e che la selezione naturale incanali la variabilità, onnipresente in natura, verso “soluzioni” ottimali ai problemi posti dall’ambiente. Gradualmente le specie evolvono e possono trasformarsi in altre specie.


Negli anni settanta, Eldredge e Gould proposero gli equilibri punteggiati. La forma di selezione più forte, secondo questo modello, è stabilizzante e le specie restano in equilibrio (cioè non cambiano) per molto tempo. Poi, all’improvviso, si verificano salti evolutivi che, appunto, “punteggiano” l’evoluzione. Usando la logica popperiana (a sproposito) i saltazionisti, con il loro modello, affermarono di aver falsificato il gradualismo e, allo stesso modo, i gradualisti, trovando esempi di evoluzione graduale, affermarono di aver falsificato il saltazionismo. Entrambi falsificano l’universalità dell’altra visione, ma non la sua esistenza: esiste l’evoluzione per salti ed esiste l’evoluzione graduale. Nessuna delle due spiega tutti i fenomeni evolutivi. Una “puntella” l’altra.

Che c’entra questo con la democrazia? C’entra, c’entra. La democrazia non è un prodotto obbligato della socialità, il marchio di fabbrica della nostra specie. La nostra storia sociale inizia con la famiglia, e poi con la tribù, poi ci sono stati regni e imperi, e qualche volta soltanto ci sono state forme di governo in cui, con opportuni accorgimenti, si è tentato di far governare “il popolo”. La Grecia, di solito riconosciuta come la culla della democrazia, non ha mai raggiunto grande complessità organizzativa. La democrazia era presente nelle città, ma queste si combattevano e non riuscivano a trovare meccanismi di governo sopra-cittadino. Di solito i popoli sono stati governati da re, imperatori, tiranni, oligarchie. Ogni tanto gli oppressi si arrabbiano e fanno fuori i prepotenti e, di solito, altri prepotenti prendono il posto dei precedenti.

L’occidente ritiene la democrazia come qualcosa di innato nel nostro modo di rapportarci gli uni con gli altri. E ritiene giusto “esportare” questo modello verso tutti gli altri popoli. A volte l’”insegnamento” richiede un po’ di violenza, ma poi i vantaggi sono innegabili. Sarà. Come con l’evoluzione, a volte le cose vanno così, altre volte no. La democrazia, in Giappone, è arrivata con un bel salto, anzi con due: due bombe atomiche. Ed è arrivata in modo brusco anche in Germania, e anche in Italia. In altri posti, come in Inghilterra, è presente da tantissimo tempo.

Ora chiediamoci: ma l’Italia è davvero un paese democratico? Certo, lo è. Andiamo a votare e possiamo esprimere la nostra opinione. Se non ci sono candidati che ci piacciono, la colpa è nostra che non siamo in grado di esprimerli. Però, se ci pensate, la stramaledetta faccenda Berlusconi porta qualcuno a dire: ci hanno votato in tanti, e quindi abbiamo ragione. Eh no, la democrazia prevede che chi ha la maggioranza comandi, ma non garantisce che abbia ragione. Una vera democrazia ha meccanismi per impedire la dittatura della maggioranza.

Un mio amico me l’ha spiegato così: siamo in quattro a condividere un appartamento e, ogni sera, mettiamo ai voti chi debba lavare i piatti; mi metto d’accordo con gli altri due e, in tre, ogni sera votiamo che li devi lavare tu. Se ti opponi sei antidemocratico. Volete qualche esempio dal mondo reale? Il primo è successo in Algeria, ma ora sta succedendo in Egitto e, forse, anche in Tunisia e in Turchia. Si fanno le elezioni e un partito a forte base religiosa si presenta. Il suo programma è di abolire la democrazia e di instaurare un governo basato sui dettami di un libro scritto da una divinità. Quel partito vince le elezioni e quindi quel popolo, democraticamente, decide di rinunciare alla democrazia come la intendiamo noi. Chi ha perso le elezioni, per difendere la democrazia, va contro l’esito delle elezioni democratiche. Risultato: guerra civile. Da noi si vive troppo bene per fare una guerra civile vera, ma sono vent’anni che è in corso un guerra civile fredda. E non accenna a diminuire.

La prima volta che ho dubitato delle rivoluzioni democratiche è stato quando, in Persia (ora Iran) fu rovesciato lo scià. Arrivò Kohmeini e, all’inizio, fui proprio contento. Vedevo le sue interviste da Parigi, dove era esule, e mi sembrava un tipo a posto. Proprio come Morsi!

La democrazia prevede una forma di adattamento culturale molto profonda. Se la cultura del popolo che dovrebbe praticare la democrazia non è arrivata a conquistarsi quell’adattamento, il progetto fallisce. E pensare di poterlo imporre con la forza non porta a buoni risultati.

In Italia, per esempio, siamo ancora culturalmente molto lontani dalla democrazia. Noi non pensiamo che lo stato sia qualcosa di buono. Pensiamo che con la privatizzazione delle cose di stato si possano risolvere i problemi perché, semplicemente, non ci fidiamo dello stato. Lo stato è un nemico. Se un popolo vede lo stato come un nemico, non è maturo per esercitare la democrazia. Noi abbiamo ancora una visione contrapposta tra la nostra città o regione (spesso è proprio la città ad essere il centro di tutto e, se ci sono due squadre di calcio, sono guai persino nella stessa città) e lo stato. Al nord c’è la lega, al sud c’è la malavita organizzata, ma le cose non cambiano. Assistiamo a tentativi di instaurare forme di governo alternative a quella statale. In entrambi i casi assistiamo al sacco delle cose di stato e le due forme di antistato spesso si alleano, come forse mostra il giudizio espresso dalla magistratura sul caso Dell’Utri.

Adesso pensiamo alla Siria, all’Iran, all’Iraq, al Sudan, allo Yemen, alla Mauritania (la lista può continuare molto a lungo) a tutta una serie di stati che hanno ancora forme tribali di visione del potere. Con sette religiose contrapposte, con culture molto differenti e apparentemente inconciliabili, tipo quelle delle città dell’antica Grecia, a voler essere benevoli. La democrazia si ottiene esportando cultura, e l’evoluzione di solito è graduale, soprattutto nei popoli che sono culturalmente molto lontani dal questa forma di gestione del potere. E noi siamo tra quelli.

Volete una prova? In molte regioni d’Italia esiste un proverbio che dice: chi fa le parti ha la parte peggiore. Deriva dalla saggezza salomonica secondo cui chi fa le parti è l’ultimo a scegliere e, quindi, se ci sono parti diverse, visto che è l’ultimo a scegliere, gli tocca la peggiore. Ma questo proverbio si è “evoluto” in: chi fa le parti ha la parte peggiore (se è fesso). E l’ultima versione è: chi fa le parti ha la parte migliore. Il che significa che chi si trova a comandare è autorizzato a fare i propri interessi. Questo, da noi, viene accettato come inevitabile, anzi, come giusto. La strada da fare è ancora lunga. Per popoli lontani, ma anche per il nostro. Prima di pensare di esportare la democrazia, sarebbe bene che imparassimo a praticarla.

Ultimo esempio sui danni di una democrazia mal praticata. Abbiamo fatto le valutazioni del sistema universitario. E si dice che con la valutazione dovremmo capire dove stanno le “eccellenze” e dove le “sofferenze”. Vi svelo un segreto: le eccellenze sono poche, le sofferenze sono tante. I rettori si eleggono democraticamente. In un’università dove ci sono più sofferenze (cioè docenti che producono poco scientificamente) che eccellenze (docenti che producono al meglio) chi credete che determini l’esito delle elezioni? Indovinato: vincono i mediocri e gli eccellenti sono marginalizzati. In nome della democrazia! Se dovete farvi operare non ve ne importa nulla della democrazia. Volete andare nel posto migliore. E se c’è solo uno che sa fare certi interventi, volete quello. Perché volete il migliore, della massa dei mediocri non vi importa.

Bene, ora bisogna trasferire questo alla gestione dello stato. Trovando il bilanciamento tra il governo del popolo e il governo dei furbi o dei mediocri. Noi non ci siamo ancora riusciti, ed è meglio se non esportiamo proprio niente! Forse il nostro problema è che siamo un paese con un gran numero di mediocri che si credono furbi e che, forti del numero, stanno portando il paese alla rovina. Ma se lo diciamo siamo antidemocratici, no? Un bel dilemma.

Finisco con questo, che secondo me rende giustizia al proverbio “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”. Sono in Marocco, e vado in pullman da Marrakech a Essaouira. Vedo molte aziende italiane che operano lungo quella strada. Come mai così tanti italiani?, chiedo al mio amico Mohamed. Semplice: voi siete corrotti e noi siamo corrotti. Ci intendiamo a meraviglia. Sono venuti i tedeschi e sono scappati dopo tre mesi. Bene, ora confrontiamo la fiducia che i popoli “democratici” hanno nei nostri confronti e quella che hanno nei confronti dei tedeschi. E non chiediamoci come mai il nostro paese non attira investimenti!

Ferdinando Boero è uno zoologo, ecologo-evoluzionista. Lavora all’università del Salento e al Cnr-Ismar. Il suo ultimo libro è Economia senza natura. La grande truffa.

Nella foto, la scultura sottomarina 
“La rivoluzione silenziosa” di Jason de Caires Taylor, nelle acque al largo di Cancún, in Messico. 
(Jorge Silva, Reuters/Contrasto)

giovedì 5 settembre 2013

Cos'è la politica?



Un bambino domanda al padre: “Papà, che cos'è la politica?”

Il papà ci pensa un po’ su e poi gli dice:

“Guarda, te lo spiego con un esempio: io porto i soldi a casa, per cui sono il Capitalismo, tua madre gestisce il denaro, quindi è il Governo, il nonno controlla che tutto sia regolare, per cui è il Sindacato, la nostra cameriera è la Classe Operaia.
Noi tutti ci preoccupiamo solo che tu stia bene, perciò tu sei il Popolo ed il tuo fratellino, che porta ancora i pannolini, è il Futuro. Hai capito figlio mio?”

Il piccolo ci pensa su e dice a suo padre che vuole dormirci sopra una notte.

Nella notte il bambino viene svegliato dal fratellino che piange perché ha sporcato il pannolino.

Visto che non sa cosa fare, va nella camera dei suoi genitori dove c’è sua madre che dorme profondamente ma lui non riesce a svegliarla.

Così va in camera della cameriera, dove trova suo padre che se la spassa con lei, mentre il nonno sbircia dalla finestra.

Tutti sono così occupati che non si accorgono della presenza del bambino perciò il piccolo decide di tornare a dormire.

Il mattino dopo il padre gli chiede se ora sa spiegargli in poche parole che cos'è la politica.

“Sì” risponde il figlio: “Il capitalismo approfitta della classe operaia mentre il sindacato sta a guardare ed il governo dorme.
 Il popolo viene completamente ignorato…ed il futuro è nella merda!”

dal Web

mercoledì 4 settembre 2013

Domanda di grazia

E così vorreste condannarlo ai domiciliari.

Costringerlo a trascorrere un anno sul divano della trisnonna, intrappolato fra pareti color salmone, al lume fioco di una lampada a forma di fungo atomico, tra le braccia di una giovane donna che lo soffoca con promesse di amore eterno, quando lui chiede soltanto libertà.

Fanatici senza cuore, ma non vi tormenta il destino di quest’essere incolpevole che una serie inaudita di coincidenze ha trascinato negli abissi domestici documentati dalla foto? Abbiate il coraggio di guardarlo, tremate davanti al suo smarrimento, date sfogo all'imbarazzo e al rimorso che vi suscita il suo atteggiamento di resa. Dove sono l’antica fierezza, la passione per gli ambienti promiscui e la spregiudicatezza che gli consentiva di oltrepassare ogni porta socchiusa, infischiandosene di regole e divieti?
Neanche un mostro merita di finire così. E lui non è un mostro. Chiunque abbia lo sguardo puro di un Bondi lo troverà bellissimo. È solo troppo orgoglioso per chiedere la grazia. E allora la chiediamo noi: libertà per il cagnolino Dudù.


Massimo Gramellini

Due ciliegi



Due Ciliegi innamorati, nati distanti, si guardavano senza potersi toccare.

Li vide una Nuvola, che mossa a compassione, pianse dal dolore ed agitò le loro foglie.. ma non fu sufficiente, i Ciliegi non si toccarono.

Li vide una Tempesta, che mossa a compassione, urlò dal dolore ed agitò i loro rami.. ma non fu sufficiente, i Ciliegi non si toccarono.

Li vide una Montagna, che mossa a compassione, tremò dal dolore ed agitò i loro tronchi.. ma non fu sufficiente, i Ciliegi non si toccarono.

Nuvola, Tempesta e Montagna ignoravano, che sotto la terra, le radici dei Ciliegi erano intrecciate in un abbraccio senza tempo.

Anonimo giapponese


dal Web

lunedì 2 settembre 2013

Kintsugi (金継ぎ)

Wikipedia

Trovato su TML su FB