C’è una una sola società calcistica, una sola al mondo, capace di violare così costantemente regole, leggi e qualsiasi tipo di atteggiamento etico possibile e immaginabile.
Il passaporto falso e la patente ricettata per tesserare un calciatore che non avrebbe potuto giocare e che quindi ha falsato un campionato;
la conseguente condanna in un tribunale penale di un suo alto dirigente;
i pedinamenti di una struttura deviata nei confronti di calciatori, dirigenti e arbitri;
uno scudetto assegnato dall'ex membro del Cda;
l’eliminazione degli avversari per via telefonico-giudiziaria (con i giudici scelti dall'ex membro del Cda pochi minuti prima dell’avvio del processo, a cui è stato pure tolto un grado di giudizio);
la vendita fittizia del proprio marchio per sanare il bilancio;
il supermegasconto concesso dall'ex membro del Cda sulla sanzione plurimilionaria dell’organo di controllo Covisoc;
il mancato rispetto delle regole per l’iscrizione ai campionati;
gli scambi e le supervalutazioni di calciatori;
i contratti invalidi di Milito e Thiago Motta ("secondo una interpretazione letterale del regolamento federale", scriveva la notoriamente contraria Pravda rosa);
i "regalini" ai designatori;
un arbitro arruolato come "cavallo di Troia";
la richieste di ottenere un particolare arbitro, evitando la procedura del sorteggio;
i suggerimenti mirati sulle griglie e sugli assistenti;
le accuse di illecito sportivo diretto prescritte per l’intervenuta prescrizione causata dall'occultamento delle telefonate che la riguardavano.
Tre quarti di queste cose, accertate e incontestabili, sui giornali non vengono ricordate né pubblicate e quando, con ritardo e controvoglia, è la procura federale ad avanzare qualche rimbrotto, allora arriva la solida argomentazione difensiva secondo cui Giacinto Facchetti era un galantuomo.
la conseguente condanna in un tribunale penale di un suo alto dirigente;
i pedinamenti di una struttura deviata nei confronti di calciatori, dirigenti e arbitri;
uno scudetto assegnato dall'ex membro del Cda;
l’eliminazione degli avversari per via telefonico-giudiziaria (con i giudici scelti dall'ex membro del Cda pochi minuti prima dell’avvio del processo, a cui è stato pure tolto un grado di giudizio);
la vendita fittizia del proprio marchio per sanare il bilancio;
il supermegasconto concesso dall'ex membro del Cda sulla sanzione plurimilionaria dell’organo di controllo Covisoc;
il mancato rispetto delle regole per l’iscrizione ai campionati;
gli scambi e le supervalutazioni di calciatori;
i contratti invalidi di Milito e Thiago Motta ("secondo una interpretazione letterale del regolamento federale", scriveva la notoriamente contraria Pravda rosa);
i "regalini" ai designatori;
un arbitro arruolato come "cavallo di Troia";
la richieste di ottenere un particolare arbitro, evitando la procedura del sorteggio;
i suggerimenti mirati sulle griglie e sugli assistenti;
le accuse di illecito sportivo diretto prescritte per l’intervenuta prescrizione causata dall'occultamento delle telefonate che la riguardavano.
Tre quarti di queste cose, accertate e incontestabili, sui giornali non vengono ricordate né pubblicate e quando, con ritardo e controvoglia, è la procura federale ad avanzare qualche rimbrotto, allora arriva la solida argomentazione difensiva secondo cui Giacinto Facchetti era un galantuomo.
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