sabato 6 febbraio 2021

La barba di Kynes



La decisione di Villeneuve di far interpretare nel suo film il Dottor Kynes all’attrice Sharon Duncan-Brewster ha scatenato molte reazioni. Il Dottor Kynes è uno dei personaggi più importanti del primo romanzo, un vero e proprio vettore della trama ed è descritto come un uomo longilineo, con barba e capelli color sabbia.

Principalmente, i critici di tale scelta rinfacciano a Villeneuve di aver operato un cambiamento non necessario, per produrre un “woke movie”.

Il termine woke (“sveglio”) è comunemente usato negli USA per indicare la vigilanza su tematiche di giustizia sociale. Nel corso degli ultimi anni ha preso connotazioni ironiche, se non addirittura insofferenti. L’accusa rivolta a Villenueve è dunque di rendersi partecipe di una politica di rappresentazione di minoranze che sta caratterizzando il mercato dell’intrattenimento. Una politica che ha ovviamente ha generato delle opposizioni da parte dei fan che non vogliono vedere “snaturati” i propri franchise preferiti.

Heater Antos, editor presso la Marvel, volle twittare un omaggio alla scomparsa della celebre publisher Flo Steinberg. I fan la tacciarono di essere una “social justice warrior”.

È curioso notare come le prime indiscrezioni sul cambio di genere del Dottor Kynes arrivarono circa un anno fa dal sito Bounding Into Comics, collegato al Comicsgate. Come il suo fratello maggiore Gamergate, è un movimento collegato in maniera neppure troppo velata con la alt-right statunitense, che si sono resi responsabili di attacchi e boicottaggi verso le politiche “pro-diversità” nell’industria dell’intrattenimento.

Questi movimenti hanno portato a galla il meglio che una comunità di nerd ha da offrire: odio, sessismo, razzismo e intolleranza in generale.

Una scelta che solleva domande

Sebbene la fonte sia piena di pregiudizi, non è detto che lo siano le obiezioni da essa portate avanti. La scelta di modificare in maniera tanto sostanziale uno dei personaggi principali del romanzo era ovviamente destinata a far discutere. Era necessario farlo? Va a snaturare l’opera?

Per poter rispondere a queste domande bisogna prima inquadrare il Dottor Liet Kynes e capire perché sia tanto importante nella storia.

Il Dottor Kynes è il planetologo imperiale ed è l’Arbitro di Cambio designato per gestire la successione del feudo di Arrakis dagli Harkonnen agli Atreides. Favorisce il dialogo tra i Fremen e gli Atreides, dopo essere rimasto impressionato dall’integrità morale del Duca Leto e la fedeltà che riesce a instillare nei propri uomini.

[…] “Questo Duca era molto più preoccupato per gli uomini che per la Spezia. Ha rischiato la vita, e quella di suo figlio, per salvarli. […] Un simile capo potrebbe assicurarsi una lealtà fanatica. Sarebbe difficile sconfiggerlo.” Contro la sua volontà e contro ogni precedente giudizio, Kynes fu costretto ad ammettere dentro di sé: “Mi piace questo Duca.

LIET KYNES, DUNE
Max von Sydow nelle vesti del Dottor Kynes. Sicuramente è molto più vicino alla descrizione del libro, ma il suo ruolo, nel film del 1984, era fortemente ridimensionato.

Il Dottor Kynes è anche il padre di una co-protagonista (Chani) e salva la vita a Paul e Jessica dopo la caduta di Arrakeen. Oltre a questo, è una importantissima figura di riferimento per i Fremen, che condividono con lui il sogno di trasformare Arrakis in un giardino, e la sua morte permetterà a Paul di diventare la nuova guida dei Fremen.

Era davvero necessario?

Ovviamente, la risposta è no. Non era necessario modificare un personaggio, al pari dei dialoghi, costumi, parti della trama e quant’altro.

Difficilmente i film sono assolutamente fedeli ai libri da cui sono tratti, proprio perché si rivolgono ad un pubblico diverso ed usano un mezzo di comunicazione diverso. È per questo che si parla di “adattamenti cinematografici”.

La scelta di Villeneuve ci viene spiegata da Sharon Duncan-Brewster, in una intervista su Vanity Fair.

Ciò che Denis mi dichiarò era che c’era una carenza di personaggi femminili nel cast. È sempre stato molto femminista, a favore delle donne, e voleva scrivere un ruolo per una donna.

SHARON DUNCAN-BREWSTER, VANITY FAIR

Questo non è bastato a placare le polemiche, ma anzi le ha inasprite. Una delle principali obiezioni è che Jessica e Chani sono due personaggi femminili forti e importanti.

Chani (Sean Young) e Jessica (Francesca Annis) nel film di David Lynch.

Peccato sia una mezza verità.
Pur essendo personaggi indubbiamente cruciali per la trama, né Jessica né Chani rappresentano un modello femminile indipendente in cui uno spettatore possa identificarsi. Infatti, hanno sempre un ruolo subalterno a una figura maschile. Jessica è una concubina e una madre. Chani prende il ruolo di concubina di Paul, come viene esplicitamente detto da Jessica alla fine del romanzo.

Pensaci, Chani: quella principessa avrà il nome, e tuttavia sarà meno di una concubina… non avrà mai un momento di tenerezza dall’uomo cui sarà unita. Mentre noi, Chani, noi che portiamo il nome di concubine… la storia ci chiamerà spose.

JESSICA, DUNE

Poiché Denis Villeneuve voleva rappresentare una figura femminile indipendente, la scelta non poteva che cadere sul Dottor Kynes. Il suo ruolo (al contrario di quello di altri personaggi) non è influenzato dal suo sesso o il suo aspetto, ma solo dalle sue azioni.

Confronto tra Chani e Irulan nella miniserie TV “Frank Herbert’s Children of Dune“. I loro ruoli sono stati espansi, rispetto ai romanzi della saga, aggiungendo nuovi dialoghi o prendendoli da altri personaggi.

È incoerente con l’ambientazione?

Al netto delle sterili polemiche contro le lobby musulmane-nere-LGBT-minoranze-a-caso che secondo gli utenti di Bounding Into Comics infestano tutta l’industria dell’intrattenimento, la sola critica sensata è che il cambio di sesso di Kynes causa gravi incoerenze a livello di trama e ambientazione.

Ora spieghiamo perché leggere qualche riga su una Wiki non ti rende un esperto.

La società Fremen è di ispirazione islamica. Le tribù si radunano sotto i Naib, un titolo tipicamente maschile. La poligamia ed il concubinato sono pratiche comuni: lo stesso Paul prende come concubina Harah, la moglie di un Fremen che ha ucciso in un duello rituale. Il tutto mentre sta maturando un interesse amoroso verso Chani. Nella cultura Fremen risulta perfettamente accettabile.

Com’è possibile dunque che una società patriarcale come quella Fremen tolleri un Naib Kynes femmina?

Semplice. Perché la domanda è completamente sbagliata.

Il famoso patriarcato Fremen

A dispetto di quanto pubblicato sulla Dune Wiki, la società Fremen non è considerabile un patriarcato. Non è chiaro secondo quali fonti bibliografiche l’autore della voce abbia stabilito la natura patriarcale della società Fremen, ma questa affermazione è pesantemente contraddetta nei romanzi.

Per esempio, ne L’Imperatore-Dio di Dune, viene spiegato esplicitamente da Leto II il rapporto tra sessi nella società Fremen, mentre vaga nel Saareer con Siona Atreides.

— Adesso è tutto cambiato — disse. — Gli uomini e le donne hanno per natura funzioni evolutive diverse, ma i Fremen avevano raggiunto una certa interdipendenza fra i due sessi e in tal modo avevano favorito l’uguaglianza su questo territorio che pone enormi problemi di sopravvivenza.–

L’IMPERATORE-DIO DI DUNE, PAG. 285, ED. S&K.

Anche nel primo romanzo troviamo conferma delle parole dell’Imperatore-Dio. Chani partecipa alle azioni di guerra della propria tribù, pur essendo una donna. A un certo punto del romanzo uccide un Fremen venuto a sfidare Paul, sottolineando che avrebbe potuto lasciarlo ad Harah. È dunque palese che le donne combattenti non sono una rarità tra i Fremen.

La visione di una società Fremen patriarcale inoltre è completamente estraniata dall’importanza religiosa delle Sayyadine e delle Reverende Madri. Il modello patriarcale infatti presuppone che tale potere religioso sia in mano agli uomini, mentre invece è una esclusiva delle donne per le ingerenze del Bene Gesserit, tramite la Missionaria Protectiva. Il loro ruolo, nella società Fremen, è molto importante per il mantenimento della comunità e la Reverenda Madre è l’unica in grado di tramutare l’Acqua della Vita, un potente narcotico alla base dei riti orgiastici.

Nella mia esperienza personale, mi sono frequentemente imbattuto nel luogo comune che i Fremen siano una società patriarcale. Ritengo che sia causato da una facile similitudine tra i Fremen ed un altro stereotipo dei popoli beduini.

Quindi va bene un Naib femmina?

Naib: chi ha giurato di non farsi mai catturare vivo dal nemico; giuramento tradizionale di un capo Fremen.

DUNE, APPENDICE V – TERMINOLOGIA DELL’IMPERO

Nei nuovi romanzi scritti da Brian Herbert e Kevin J. Anderson, Liet Kynes viene presentato come Abu Naib, ovvero il capo di tutti i Sietch. Questo titolo tuttavia non compare nelle opere di Frank Herbert ed in passato ho espresso seri dubbi sulla coerenza di questi nuovi romanzi con l’ambientazione.

I Naib sono i capi delle comunità Fremen, i Sietch, e ottengono il titolo sfidando a duello il capo precedente. Anche in questo caso, non è chiaro per qual motivo l’autore dell’articolo sulla Dune Wiki ritenga sia un titolo tipicamente riservato agli uomini, visto che abbiamo già visto che le donne sanno combattere al pari degli uomini. Il solo Naib citato nei romanzi di Frank Herbert è Stilgar, mentre la versione inglese del glossario di Dune usa un generico “one who has sworn never to be taken alive by the enemy”. Sebbene la Dune Encyclopedia (voce, FREMEN: CULTURAL DEVELOPMENT TO THE YEAR 10190) citi effettivamente i Naib sempre al maschile, non può essere considerata canonica, per ragioni già affrontate in un mio precedente articolo. Pertanto, devo basare la mia analisi soltanto sui romanzi di Frank Herbert.

Ammettendo anche che l’interpretazione che vuole il titolo di Naib sia “tipicamente maschile”, c’è una certa differenza con “esclusivamente maschile”. Pur anche ignorando questo fatto e stabilendo arbitrariamente che le donne non possano essere Naib, l’obiezione resta comunque sterile.

Liet Kynes non è un Naib, a dispetto di quanto si possa trovare su internet.

Karel Dobrý, nel ruolo del Dottor Kynes, nella miniserie TV Frank Herbert’s Dune.

Come scritto precedentemente, i Naib fanno riferimento ad un Sietch, una comunità Fremen. Per poter acquisire tale titolo, devono sfidare a duello il precedente capo. Il Dottor Kynes tuttavia non riveste tale ruolo. Sietch Tabr, dove vive sua figlia Chani, ha Stilgar come Naib.

Liet Kynes è rispettato da tutti i Fremen, ma non è un capo tribale; anzi non riveste alcuna carica. Perché?

Potremmo dire per “nepotismo”.

Così, era vero quello che Kynes l’Umma aveva detto all’inizio: nessuno di coloro che erano in vita, allora, e neppure i loro nipoti per otto generazioni, l’avrebbero visto. Ma sarebbe accaduto, un giorno.
Il lavoro continuò: costruire, piantare, scavare, addestrare i bambini.
E poi, Kynes l’Umma morì nel crollo del Bacino Plastico.
A quell’epoca suo figlio, Liet-Kynes, aveva diciannove anni: un vero Fremen e cavaliere delle sabbie, che aveva ucciso più di cento Harkonnen. Il contratto imperiale, che il vecchio aveva chiesto per suo figlio, gli fu trasmesso normalmente. La rigida struttura che regolava il faufreluches funzionava perfettamente anche su Arrakis. Il figlio era stato addestrato alla scuola del padre.

DUNE, APPENDICE I – ECOLOGIA DI DUNE

Il passaggio sopra fa riferimento a Pardot Kynes, il padre di Liet, che riuscì a ispirare i Fremen nel trasformare Arrakis in un mondo florido, tramite un lunghissimo processo di terraformazione. Pardot, che era uno straniero, venne considerato dai Fremen un Umma, ovvero un profeta. Suo figlio, Liet, ne raccolse l’eredità. I Fremen lo rispettavano e gli ubbidivano perché era obiettivamente l’unico che poteva continuare l’opera del padre.

Quindi… ?

Arrivati a questo punto, è chiaro che una Dottoressa Kynes non sminuisce l’opera ed è coerente con l’ambientazione. Tuttavia, quando ho iniziato a scrivere questo articolo (frutto di lunghe ricerche e riflessioni) non condividevo la scelta di Villeneuve e tutt’ora non la condivido. Da fan di Dune avrei preferito una maggiore fedeltà al romanzo, ma so anche riconoscere che si tratta di un giudizio estetico personale.

Se voglio intrattenermi con qualcosa perfettamente fedele a Dune, allora leggo Dune. Se invece voglio intrattenermi con una trasposizione di Dune, devo anche che questa non ricalchi perfettamente l’originale. L’impronta personale può piacere o meno, ma è imprescindibile.

A opporsi a questa mia posizione ortodossa ci sono invece forti motivazioni etiche ed economiche. I tempi in cui la fantascienza era un club per soli uomini sono ormai finiti. È giusto che anche le donne e minoranze abbiano personaggi con cui identificarsi.

Poiché la scelta di rappresentare il Dottor Kynes come una donna non sminuisce l’opera e non causa incoerenze nella trama, pur non condividendola, la accetto.

Quello che invece non accetto è che delle persone si nascondano dietro Dune (o qualsiasi altra opera) per veicolare la loro mascolinità tossica.

Come ho scritto precedentemente, i siti che per primi hanno diffuso dei rumors riguardo il cambio di sesso di Kynes sono legati alla alt-right statunitense. Al contrario dell’estrema destra nostrana, la alt-right non presenta una forte coesione ideologica. Si tratta infatti di una serie di movimenti molto attivi sul web, che tentano di proporsi come “conservatori alternativi”. Abbracciano le cause più disparate: anarco-capitalismo, protezionismo, isolazionismo, razzismo, misoginia, omofobia, anti-semitismo ed islamofobia.

Il solo elemento comune è il suprematismo bianco, secondo l’idea che il vero discriminato del nuovo millennio sia l’uomo bianco eterosessuale.

Bandiera del Kekistan, modellata su quella nazista. Il Kekistan è uno stato immaginario nato su 4chan. I kekistani si identificano come degli shitposter perseguiti dal “politicamente corretto”.

Se accettiamo che l’uomo bianco eterosessuale è vittima, allora “gli altri” sono i carnefici. Questo ovviamente spiega le forti reazioni degli alt-rightist verso qualsiasi politica di rappresentazione delle minoranze; non stanno attaccando, ma contrattaccando. Le loro idee vengono costantemente censurate dal politicamente corretto, in barba alla libertà di espressione. Ogni insulto, ogni aggressione, ogni meme “ironico” è in realtà una difesa della libertà di parola. Peccato solo che questa loro percezione sia completamente estraniata dalla realtà.

Negli USA non esistono leggi che limitino i diritti degli uomini bianchi eterosessuali, al contrario di quanto invece accade alle donne o a gruppi minoritari.

I membri della alt-right sono i primi ad appellarsi proprio alla libertà di espressione, per portare avanti i loro attacchi, seguendo il famoso adagio “se sei intollerante verso gli intolleranti, sei tu il vero intollerante“. Anche senza tirare in ballo Popper, è evidente che la libertà di espressione non abbia mai significato poter dire tutto quello che pare e piace: i crimini motivati dall’odio esistono anche negli USA, così come la calunnia e la diffamazione. L’assoluta libertà di parola è solo un mezzo per diffondere insulti, minacce, fake news e odio in generale.

È come se i suprematisti bianchi si fossero resi conto di essere in forte svantaggio nella loro partita a scacchi contro la società: la alt-right li ha convinti che se ruotassero la scacchiera e facessero abbastanza baccano, tutti si convinceranno che sono loro i neri.

A questo cocktail di vittimismo e intolleranza, per risultare bevibile, deve anche aggiungersi una conoscenza superficiale (nel migliore dei casi) degli argomenti trattati.

Di tutti i commenti che mi sono imposto di leggere, questo è quello che reputo il più emblematico. Il commentatore in azzurro oltre a non sapere che Frank Herbert è morto da anni, ignora come operi la Herbert LLC: con tutti i suoi limiti e le sue controversie, non si può dire che non operi un forte controllo sul proprio franchise.

Queste cosiddette opinioni non esprimono alcun giudizio estetico. Non offrono alcuna argomentazione e non sono sostenute da nessuna base conoscitiva. Non sono neanche dettate da un interesse nei confronti dell’opera. Si tratta di sterili polemiche.

Pertanto, non meritano alcun rispetto.


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