Ora abbiamo finito di navigare, per sempre.
Basta con i remi, il vento ha finito di soffiare;
La rossa bandiera non impaurirà più la spiaggia;
Azzurra cintura del mondo, ricevi di nuovo
Colei che tu mi donasti.
Il canto di Bêlit
L'alba
tingeva di nuovo l'oceano. Un bagliore più rosso illuminava la foce del
fiume.
Conan il Cimmero si appoggiava alla lunga spada, sulla bianca
spiaggia, ed osservava la Tigre allontanarsi per il suo ultimo
viaggio.
Gli occhi che contemplavano le distese trasparenti erano
spenti. Dalle solitudini azzurre ed agitate delle onde era scomparsa
ogni gloria ed ogni meraviglia. Un senso feroce di disgusto lo scosse,
quando il suo occhio si posò sui verdi cavalloni che in lontananza
sfumavano tra veli rosati di mistero.
Bêlit
era giunta dal mare; era stata lei a dare al mare ogni fascino e ogni
splendore. Senza di lei, le acque erano soltanto un deserto spoglio,
desolato e mortale, che si stendeva dall'uno all'altro polo. Bêlit
apparteneva al mare, ed all'eterno mistero del mare lui l'aveva
restituita. Non poteva fare altro che questo. Per lui, ora lo splendore
azzurro e scintillante delle acque era più repellente che non le alte
fronde che si agitavano e bisbigliavano alle sue spalle, narrandogli di
terre selvagge e misteriose che si stendevano al di là: terre in cui
preso si sarebbe tuffato.
Nessun marinaio era al timone della Tigre,
nessun remo la spingeva fra le verdi acque. Ma un vento forte e pulito
gonfiava la sua vela di seta, e, come un cigno che solca il cielo per
dirigersi al proprio nido, la nave scivolava veloce nel mare, mentre le
fiamme salivano sempre più alte sul suo ponte, lambivano l'albero
maestro ed avvolgevano una figura supina, avvolta in un manto scarlatto,
sulla pira funeraria.
Così lascio il mondo la Regina della Costa
Nera, e Conan, appoggiato alla spada lorda di sangue, rimase immobile e
silenzioso finché il rosso bagliore non svanì lontano, tra la caligine
azzurrina, e l'alba non dipinse di rosa e d'oro l'oceano.
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