mercoledì 2 marzo 2011

Quotazione Saras, chiesta l'archiviazione "Erano i Moratti a spingere sul prezzo"

Leggo questo simpatico articolo di Walter Galbiati e sento la necessità di divulgarlo il più possibile.

Il problema è che forse non si dovevano indagare i banchieri ma i reali "titolari effettivi" di tutta l'operazione.

In questo paese si ha il coraggio di pestare i piedi in tutti i modi possibili a Berlusconi e non si ha il coraggio di mettere finalmente alla sbarra l'imprenditoria lombarda dei Moratti, dei Tronchetti e dei Provera.

Sta di fatto che l'inchiesta sulla quotazione di Saras è passata quasi sotto silenzio, anche da parte dei giornali.

"La famiglia Moratti ha incassato 1,6 miliardi di euro. Oggi il titolo vale 1,93 euro per azione contro i 6 della quotazione"

Ognuno è libero di farsi la sua opinione.

Prima per approfondire va data un'occhiata anche a questo articolo, si è partiti da qui.


L'esordio in Borsa era stato seguito da un crollo delle azioni. Il sostituto procuratore di Milano Luigi Orsi chiede di non procedere nei confronti dei funzionari delle banche per falso prospetto informativo e aggiotaggio. Ma la battaglia dei piccoli investitori potrebbe continuare in sede civile  

di WALTER GALBIATI

 

MILANO - Nessuna richiesta di rinvio a giudizio, ma una proposta di archiviare il tutto. Eppure il caso Saras e la sua turbolenta quotazione in Borsa risoltasi con un crollo vertiginoso delle azioni è destinato ancora a far discutere. Perché dal documento inviato dalla procura al giudice emerge la possibilità di portare la guerra tra i piccoli azionisti e le banche dal piano penale a quello civile.
Il pm di Milano, Luigi Orsi, ha chiesto l'archiviazione per nove funzionari di banche indagati per falso in prospetto informativo e aggiotaggio: Federico Imbert, Simone Rondelli, Francesco Cardinali, Guido Tugnoli e Paola Volponi di Jp Morgan, Galeazzo Pecori Giraldi, Oscar d'Intino e Levantini Andrea di Morgan Stanley e Massimo Prosdocimi di Caboto (gruppo Intesa). Ma le conclusioni lasciano aperto più di qualche dubbio: "Un prospetto ed un book anomali - si legge nel documento - possono essere certamente oggetto di censura, per esempio sul piano di responsabilità civile professionale. Ma sul versante della responsabilità penale, la frantumazione delle competenze di quanti hanno partecipato all'Ipo (quotazione, ndr) non consente di identificare un autore del fatto o un nucleo di soggetti che  -  in concorso  -  abbiano perseguito l'effetto di quotare Saras ad un prezzo sovrastimato. I numerosi e significativi dati che inducono sospetto su siffatta manovra tanto che siano considerati partitamente quanto che siano valutati nel loro complesso - non sono  idonei a prefigurare il successo dell'accusa in giudizio".

 Le riunioni per decidere il prezzo. Dalla ricostruzione della quotazione operata dalla procura di Milano emergono per la prima volta i ruoli della famiglia Moratti, del loro consulente Gerardo Braggiotti e delle banche nella formazione del prezzo. Due le riunioni, che vengono ricostruite nei dettagli dalla testimonianza di Simone Rondelli, ex dirigente di Jp Morgan.

"Il 19 aprile 2006 si tenne una riunione presso la Saras presenti i responsabili dei syndacate desk di JPMorgan (Jpm) e Morgan Stanley (Ms) e poi Rondelli, Imbert, Cardinali, Zubillaga, Luis Vas Pinto per JPM; per MS Gobel, Roscini, D'Intino, Levantini, forse Carlo Michelini e Pecori Giraldi. Erano anche presenti i soci Moratti, i due fratelli ed i figli maschi, Alfani, Nuzzo, Costanzo e forse Scaffardi. Per GB Partners sono presenti Bragiotti e Manfredi. Per Caboto c'era Prosdocimi, Montagna, Dutto e forse Dell'Elmo.   La guida della riunione fu in mano ai capi dei syndacate desk di JPM e MS.  Si erano parlati prima sull'intervallo di prezzo da raccomandare. Le tre banche preparano una presentazione nella quale si espongono: le ricerche degli analisti; il premarketing; la proposta di intervallo di prezzo. Gli uomini di syndacate desk sono, rispettivamente,  Vas Pinto per  JPM e Gobel per MS.   Dopo questa presentazione gli emittenti ed i loro consulenti finanziari (Bragiotti e Manfredi) si appartano. Dopo di ciò, i Moratti ed i loro consulenti riprendono la riunione con alcuni dei presenti inizialmente (a memoria, io, Vas Pinto e Imbert per JPM, D'Intino, Gobel ed uno tra Pecori e Roscini o entrambi non ricordo per MS, Prosdocimi per Caboto) e Bragiotti contropropone un intervallo di prezzo più alto (dal proposto 4,6-5,8 a 5-6). Bragiotti motivò questo arrotondamento osservando che nel  premarketing gli investitori avevano offerto prezzi che certamente avrebbero aumentato in sede di negoziazione. La risposta venne dei responsabili del syndacate desk (Vas Pinto e Gobel) i quali osservarono unanimemente che era più prudente una forchetta di prezzo più bassa in quanto era di là da venire una vera e propria formazione del libro delle domande".

Sono la famiglia e Braggiotti a volere il prezzo più alto. La decisione finale arriva, però, in un'altra riunione ricostruita sempre da Rondelli.

"I presenti alla riunione si aggiornano alle 13 del giorno dopo, 12 maggio,  negli uffici milanesi di JPM.  Qui partecipano tutti quelli del 19 aprile 2006 eccetto Vas Pinto e Gobel in collegamento telefonico. In più ci sono Zubillaga di JPM e Michelini di MS. Le banche (JPM, MS e Caboto) propongono di fissare il prezzo definitivo in 6 euro per azione. Gli esponenti che decidono questa proposta sono quelli del syndacate desk, chi vocalizza la proposta durante l'incontro non lo ricordo.  Tecnicamente il prezzo lo deve determinare chi vende. La proposta è delle banche, argomentata in ragione delle domande e della natura degli investitori che compongono, ai vari livelli di prezzo, l'offerta.  A questo punto i  Moratti, il management di Saras ed il consulente Bragiotti  si appartano e dopo questa loro riunione accettano la proposta di 6 euro.  Mi fu detto  -  non ricordo se da uno dei Moratti o dal management  -  che in quella riunione ristretta la famiglia avrebbe voluto andare a 6,1 e Bragiotti consigliò di stare a 6 euro".

"Vogliamo un prezzo più alto". La conferma che è la famiglia a spingere il prezzo verso l'alto arriva dagli stessi fratelli, nei loro interrogatori, confermati da Gerardo Bragiotti di Banca Leonardo: "I Moratti chiesero se era il caso di arrivare a 6,20 euro. Alla fine si fissò 6 euro, che era il consiglio delle banche".

Gianmarco Moratti: "Se i tecnici avessero detto che la quotazione sarebbe stata accettabile a meno di 6 euro non ci saremmo impuntati. La nostra percezione è che il titolo non potesse valere meno di 5 euro. Quando alla fine si è stabilito di fissare il prezzo a 6, sulla scorta di quello che le banche ci avrebbero rappresentato, ci è sembrato addirittura di aver chiesto meno di quello che si poteva. Noi ragioniamo in termini probabilmente strettamente industriali. Voglio dirle che costruire oggi una raffinazione come quella di Saras costa dai 10 ai 12 miliardi di euro, quasi il doppio della capitalizzazione di Saras".

Massimo Moratti è sulla stessa linea: "Lei consideri che la raffineria complessivamente considerata vale tra i 10 ed i 12 miliardi di euro (valore di ricostruzione) e ciò senza considerare il goodwill costituito dal personale che la governa. Non sono un tecnico di valutazioni ma il valore di Saras al prezzo di 6 euro da un totale di 5.3 miliardi di euro".

Di certo, secondo quanto riferito da Pecori Giraldi di Morgan Stanley, i Moratti non erano inconsapevoli del valore della loro società e nemmeno inesperti di cose finanziare, come invece hanno testimoniato in procura. "Mi risulta che i Moratti avessero grandi competenze a livello di settore petrolifero e delle implicazioni economiche connesse, mentre il management, almeno per quello che ho sentito dai miei colleghi, credo fosse assolutamente esperto in materia. Inoltre i Moratti erano assistiti da esperti e validi consulenti quali Banca Leonardo. Sicuramente nell'ambito delle riunioni a cui ho partecipato ho percepito che avevano ben chiaro il valore ed i livelli a cui volevano procedere alla quotazione".

Significative poi le parole di Matteo Manfredi di Banca Leonardo: "I Moratti riscontravano una differenza tra quello che le banche avevano loro rappresentato in termini di valore della società  all'inizio e, successivamente,  al momento in cui si sono a noi rivolti.  I Moratti ci dissero che non si fidavano più al cento per cento delle banche".

E quelle riportate in una e mail di Levantini (Morgan Stanley) del 10 maggio 2006 dove, invece, si legge che "Alfani e Scaffardi l'altro ieri dicevano che i Moratti devono accendere un cero che solo un anno fa questi numeri erano impensabili". Braggiotti tuttavia sarebbe stato disposto a scaricare ancor più titoli sui piccoli investitori pur di ottenere un prezzo più alto. Lo dichiara Levantini nel suo interrogatorio.

"Domanda del pm: Qual'era il punto di prezzo al di sotto del quale i Moratti avrebbero potuto non quotare Saras? Risposta: 5,25 euro per azione. La parte bassa della forchetta. Devo ricordare che il 12 maggio 2006, giorno della fissazione del prezzo, Braggiotti provocatoriamente propose di fissare a 6,5 suggerendo di aumentare la quota retail dal 20% al 40%. Fu Prosdocimi ad opporre a Braggiotti che aumentare l'offerta al retail avrebbe irrigidito il mercato del titolo per le ragioni che ho detto prima. Devo dire che Prosdocimi fu molto onesto perché suggerì una cosa che andava contro il suo interesse.  Dopo questo i Moratti si appartarono con Braggiotti. Io e gli altri colleghi delle tre banche ritennemmo che i Moratti avrebbero chiesto di quotare a 6,2. Nel frattempo JPM aveva proposto a MS e Caboto 6,1. Scrissi via e-mail a Gobel e Hyman se potessimo aderire a questa soglia ricevendo consenso. I Moratti e Braggiotti tornarono nella riunione e Massimo Moratti disse qualcosa del tipo: "secondo noi il prezzo giusto è 6,2, abbiamo capito che per voi l'operazione  è fattibile a 6,1. tuttavia questa che è una bella operazione diventa una ottima operazione a 6 euro"".

Le conclusioni. L'opinione del pm sul prezzo è chiara: "Il prezzo al quale il titolo Saras è stato immesso sul mercato borsistico milanese è risultato ingiustificato (troppo alto) e non per il fatto che non è più risalito a quella soglia neppure a distanza di tempo dalla brusca caduta immediatamente registrata. In realtà il prezzo di quotazione  risulta essere stato conseguente a due ordini di valutazioni (la valorizzazione dell'azienda, quale è stata rappresentata con il prospetto informativo;  la considerazione della appetibilità del titolo quale si rappresenta con la compilazione del  c. d. book degli ordini di acquisto) che sembrano viziate da  alcuni profili di criticità.  La combinazione e la sintesi tra un valore d'azienda  ed un appetito di mercato a vario titolo sopravalutati avrebbero determinato quell'effetto "sgonfiaggio" che ha caratterizzato l'approdo in borsa di Saras. Questa ipotesi di reato non sembra essere stata significativamente revocata in dubbio dalle allegazioni difensive".

Non è sufficiente, però, per chiedere il rinvio a giudizio perché "i numerosi e significativi dati che inducono sospetto su siffatta manovra tanto che siano considerati partitamente quanto che siano valutati nel loro complesso - non sono  idonei a prefigurare il successo dell'accusa in giudizio".

Come sono andate le cose si sa. Eppure il giorno della quotazione, il 18 maggio Rondelli manda una mail ai propri colleghi dove si celebra l'operazione: "Questa mattina sono iniziate le contrattazioni delle azioni Saras. La travagliata congiuntura di mercato ha spinto al ribasso i comparables del 15% da quando è stato fissato il prezzo, dunque anche Saras oggi ha aperto in ribasso. In ogni modo insieme con la società e la famiglia celebriamo una operazione di grande successo, le commissioni si aggirano sui $20 - $30 milioni a seconda della green shoe e dell'incentive fee". 

La famiglia invece ha incassato 1,6 miliardi di euro. Oggi il titolo vale 1,93 euro per azione contro i 6 della quotazione.
 

(16 febbraio 2011) © Riproduzione riservata 

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