Massimo Moratti (foto Daniele Buffa/Image Sport/Insidefoto) |
Il petrolio dell’Isis in Italia, precisamente a Cagliari, nelle raffinerie della Saras. Lo rivela La Repubblica, parlando di dodici milioni di oli minerali che avrebbero consentito alla società controllata per il 40% dalla famiglia Moratti di ammazzare il mercato, grazie a prezzi d’acquisto molto vantaggiosi, frodando il fisco per 130 milioni.
Soldi che sarebbero invece serviti ai terroristi di finanziare la jihad, partendo da un bonifico sospetto da 60 milioni. Così la procura distrettuale antiterrorismo di Cagliari il 30 settembre scorso ha perquisito gli uffici della società a Cagliari e a Milano: si indaga dal Cfo, Franco Balsamo, al capo dell’ufficio commerciale, Marco Schiavetti. Le ipotesi di reato vanno a vario titolo dal riciclaggio al falso, per finire ai reati tributari.
La storia inizia quando tra il 2015 e il 2016 arriva nelle raffinerie Saras del greggio la cui origine «risulta attestata tramite dichiarazioni non idonee né ufficiali». Secondo i documenti a muovere il carico è la Petraco Oil company, società con sede legale a Londra e con la sua principale filiale operativa a Lugano. Dagli atti risulta che la società ha acquistato «gli oli minerali dalla Edgwaters Falls, società delle Isole Vergini».
Si scopre che la Edgewater è «una società di comodo», off shore, di proprietà della stessa Petraco. La seconda che il carico non è passato mai dalla Turchia (come si legge sui documenti) ma è arrivato direttamente dall’Iraq, mosso prima dai curdi, e successivamente dai terroristi di Daesh.
«All’epoca il Kurdistan, approfittando del conflitto scatenato da Daesh in Siria e in Iraq, aveva dato corso alla commercializzazione del greggio estratto dai propri giacimenti in assenza di autorizzazione da parte del governo di Baghdad», scrivono i pm.
In questo senso arrivano a supporto i movimenti bancari tracciati dalla Finanza. Saras bonifica circa 14 miliardi verso la Petraco Oil company. Da qui i soldi cominciano a dematerializzarsi, nella speranza che si perdano le tracce, secondo l’impostazione dell’accusa: ci sono bonifici verso una serie di società gemelle, compresa la Edgewaters.
Le cifre importanti prendono però altre strade: un pagamento di 4 miliardi verso il governo federale curdo, e nello specifico verso il ministero dell’Economia e delle Risorse naturali: il petrolio era il loro. Qualcosa poi cambia e i pozzi «finiscono sotto il dominio delle milizie islamiche», ed è Daesh a muoverlo per il mondo.
«Dalla documentazione acquisita presso la filiale tedesca di Unicredit è emersa un’operazione di storno di 60 milioni effettuata dalla Edgewaters al governo curdo. Si può ragionevolmente ipotizzare – continuano i magistrati – seppure siano in corso i necessari approfondimenti che la restituzione del denaro sia dipesa dal fatto che la proprietà del greggio, in quel periodo, non era più curda ma dell’Isis».
A conferma di questo ragionamento la procura di Cagliari porta un ulteriore elemento: «Dai conti Edgewaters ci sono altri bonifici per 3,6 miliardi di dollari, senza indicazione del reale beneficiario. Verosimilmente perché era inconfessabile».
Dalla Saras fanno tuttavia sapere che «il nostro comportamento è stato inappuntabile. Nessun illecito: abbiamo fornito tutta la documentazione alla magistratura, a cui ribadiamo fiducia e collaborazione».
Articolo originale di Repubblica
Il petrolio dell'Isis nelle raffinerie sarde Saras sotto inchiesta
ROMA — Il petrolio dell'Isis è arrivato in Italia. In Sardegna, a Cagliari, nelle raffinerie della Saras. Dodici milioni di oli minerali che avrebbero consentito alla società controllata per il 40 per cento dalla famiglia Moratti di ammazzare il mercato, grazie a prezzi d'acquisto molto vantaggiosi. Di frodare il fisco, per almeno 130 milioni di euro. E ai terroristi di Daesh di finanziare la jihad, partendo da uno strano bonifico da 60 milioni. È questo il sospetto della procura distrettuale antiterrorismo di Cagliari che il 30 settembre scorso ha perquisito gli uffici della società a Cagliari e a Milano: indagati sono i vertici dell'azienda, dal Cfo, Franco Balsamo, al capo dell'ufficio commerciale, Marco Schiavetti. Le ipotesi di reato vanno a vario titolo dal riciclaggio al falso, per finire ai reati tributari.
La cartiera dell'Isis
La storia comincia tra il 2015 e il 2016 quando nelle raffinerie della Saras di Sarroch, in Sardegna, arrivano venticinque navi. Dai documenti risulta che si tratta di greggio «di origine irachena e provenienza turca» ricostruiscono i pm dell'Antiterrorismo, Guido Pani e Danilo Tronci. La bolla appare però subito fasulla agli uomini dell'Agenzia delle Dogane. «L'origine del prodotto — scrivono i magistrati — risulta attestata tramite dichiarazioni non idonee né ufficiali ». Da dove arriva quel petrolio?
Secondo i documenti a muovere il carico è la Petraco Oil company, società con sede legale a Londra e con la sua principale filiale operativa a Lugano. Dagli atti risulta che la società ha acquistato «gli oli minerali dalla Edgwaters Falls, società delle Isole Vergini». Che a sua volta aveva comprato il carico da un'azienda turca. Che aveva acquistato il carico in Iraq, non è chiaro dove.
Bene, le indagini della Guardia di Finanza hanno chiarito due cose: la prima è che la Edgewater è «una società di comodo», off shore. Di proprietà della stessa Petraco. La seconda che il carico non è passato probabilmente mai dalla Turchia ma è arrivato direttamente dall'Iraq. E a gestirlo non è stato l'ente petrolifero di stato iracheno, «l'unico autorizzato dal diritto internazionale» scrive la procura di Cagliari. Ma lo hanno mosso prima i curdi. E poi dopo i terroristi di Daesh.
Il finanziamento del terrorismo
«All'epoca — ricostruiscono infatti i pm — il Kurdistan, approfittando del conflitto scatenato da Daesh in Siria e in Iraq, aveva dato corso alla commercializzazione del greggio estratto dai propri giacimenti in assenza di autorizzazione da parte del governo di Baghdad». In questo senso arrivano a supporto i movimenti bancari tracciati dalla Finanza. Saras bonifica circa 14 miliardi verso la Petraco Oil company. Da qui i soldi cominciano a dematerializzarsi, nella speranza che si perdano le tracce, secondo l'impostazione dell'accusa: ci sono bonifici verso una serie di società gemelle, compresa la Edgewaters, quella incaricata degli affari sporchi. È dalle Isole vergini, infatti, che partono tre tranche di pagamento finite sotto l'attenzione degli investigatori. La prima è di 217 milioni di dollari verso una società turca, la Powertrans, che secondo i documenti avrebbe dovuto fornire il petrolio. Si tratta di pagamento minimo «a riprova — scrive l'Antiterrorismo — che la società di Istanbul sia soltanto una cartiera utilizzata per fornire la documentazione commerciale che occultasse il rapporto diretto con il venditore curdo, non legittimato sul piano internazionale».
Le cifre importanti prendono però altre strade. Agli atti c'è infatti un pagamento di 4 miliardi verso il governo federale curdo, e nello specifico verso il ministero dell'Economia e delle Risorse naturali: il petrolio era il loro. Qualcosa, però, poi in Iraq cambia. I pozzi «finiscono — scrivono i pm — sotto il dominio delle milizie islamiche». Ed è Daesh a muoverlo per il mondo. «Dalla documentazione acquisita — si legge ancora nel decreto di perquisizione — presso la filiale tedesca di Unicredit è emersa un'operazione di storno di 60 milioni effettuata dalla Edgewaters al governo curdo». «Si può ragionevolmente ipotizzare — continuano i magistrati — seppure sono in corso i necessari approfondimenti che la restituzione del denaro sia dipesa dal fatto che la proprietà del greggio, in quel periodo, non era più curda ma dell'Isis». A conferma di questo ragionamento la procura di Cagliari porta un ulteriore elemento: «Dai conti Edgewaters ci sono altri bonifici per 3,6 miliardi di dollari, senza indicazione del reale beneficiario. Verosimilmente perché era inconfessabile».
«Il nostro comportamento è stato inappuntabile» dicono però dalla Saras. «Nessun illecito: abbiamo fornito tutta la documentazione alla magistratura, a cui ribadiamo fiducia e collaborazione».
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L'azienda replica "Mai commesso illeciti: abbiamo fornito tutti i documenti ai magistrati a cui ribadiamo fiducia.
Pronti a collaborare"
MARKA/UIG VIA GETTY IMAGES
Tra le più grandi raffinerie del Mediterraneo La raffineria Saras di Sarroch, a sud-ovest di Cagliari. Può lavorare fino a 300mila barili al giorno